La Cassazione sezione 5 con la sentenza numero 29669/2024 ha stabilito che la congruità dell’offerta risarcitoria (articolo 162-ter c.p.) deve essere espressamente motivata in caso di mancato consenso della persona offesa in quanto l’equità deve essere ancorata a parametri che consentano una valutazione di non manifesta illogicità della relativa valutazione delle esigenze compensative quanto di quelle retributive e preventive.
Fatto
Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Padova dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’imputato A.C. per il reato di cui all’art. 595 cod. pen. ascritto allo stesso, in quanto estinto per condotte riparatorie.
Avverso la richiamata pronuncia del Tribunale di Padova ha proposto ricorso per cassazione il Pubblico Ministero presso il medesimo Tribunale.
Il Pubblico Ministero lamenta, in forza dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione in relazione all’art. 162-ter cod. pen. con riguardo alla ritenuta congruità della somma offerta a titolo di riparazione del danno, pari ad euro 1.000,00, che sarebbe stata operata in via equitativa dalla decisione censurata mediante un richiamo complessivo ai molteplici fattori all’uopo operanti e non con una considerazione distinta di ciascuno di essi.
Decisione
La Cassazione ritiene che, anche con riferimento al vaglio della congruità dell’offerta di cui all’art. 162-ter cod. pen., sia necessario considerare i principi enunciati da Sez. U, n. 33864 del 23/04/2015, Sbaiz, Rv. 264240 – 01, pur con riferimento all’analogo procedimento davanti al giudice di pace e dunque all’art. 35, primo comma, del d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274.
Nell’indicata pronuncia, in particolare, le Sezioni Unite hanno osservato che la predetta norma, nel correlare l’estinzione del reato alla valutazione di congruità del giudice, presuppone che siano state sentite le parti ma non che sia stato acquisito il consenso della persona offesa, sicché è legittima la declaratoria di estinzione del reato per intervenuta riparazione del danno qualora, pur nel dichiarato dissenso della persona offesa per l’inadeguatezza della somma di denaro posta a disposizione dell’imputato quale risarcimento, il giudice esprima una motivata valutazione di congruità della stessa con riferimento alla soddisfazione tanto delle esigenze compensative quanto di quelle retributive e preventive.
Orbene, la pronuncia impugnata, a differenza di quanto assunto dal Pubblico Ministero ricorrente, appare adeguatamente argomentata quanto alla soddisfazione delle esigenze retributive e preventive, laddove la stessa ha posto in rilievo che l’imputato ha eliminato il post diffamatorio, e che la circostanza che vi sono ancora commenti sul web non può essere addebitata allo stesso.
È invece fondata la doglianza del Pubblico Ministero articolata nel secondo motivo poiché l’offerta di euro 1.000,00 è stata ritenuta equa in maniera assertiva, con una decisione che non consente di comprendere se il giudice del merito ha congruamente vagliato le esigenze, anche compensative, che devono essere soddisfatte.
E ciò vieppiù a fronte, come nella fattispecie in esame, di un’opposizione che era stata manifestata sia dalla persona offesa che dal Pubblico Ministero rispetto all’offerta presentata dall’imputato, ciò che imponeva un pregnante onere motivazionale sull’idoneità della somma a soddisfare le esigenze compensative dell’offesa arrecata alla reputazione della persona offesa.
Va ribadito infatti, a riguardo, che anche l’equità deve essere ancorata a parametri che consentano una valutazione della non manifesta illogicità della relativa valutazione che, come è noto, ai fini della considerazione del danno subito dalla persona lesa nella propria reputazione da una condotta diffamatoria deve essere riguardato tenendo conto della diffusione della notizia, dell’entità dell’offesa alla reputazione e della posizione sociale della vittima (Sez. 3 civ., n. 25420 del 26/10/2017, Rv. 646634 – 04).
