Lieve entità nei delitti in materia di stupefacenti: riconoscibile solo previa una valutazione globale degli elementi indicati dall’art. 73, comma 5, DPR 309/1990 (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 4^, sentenza n. 33917/2023, udienza del 6 luglio 2023, ha ribadito che la valutazione degli elementi menzionati nell’art. 73, comma 5, DPR n. 309/1990 (mezzi, modalità, circostanze dell’azione ovvero qualità e quantità delle sostanze), deve essere condotta sulla base dei chiarimenti contenuti nella parte motiva di Sezioni unite, sentenza n.  51063 del 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076 nella quale è stata sottolineata la necessità di una valutazione globale e non parcellizzata degli elementi elencati nella disposizione.

Ciò in quanto tale lettura si rivela come la più aderente al dettato normativo, posto che il comma 5 dell’art. 73 elenca in maniera indistinta i diversi indicatori selezionati (limitandosi a raggrupparli a seconda che essi si riferiscano alla condotta od all’oggetto materiale del reato), astenendosi dallo stabilire un ordine gerarchico tra gli stessi o anche solo dall’attribuire ad alcuni un maggiore valore sintomatico.

Ma, soprattutto, perché la disposizione citata condiziona la determinazione della lieve entità del fatto proprio una pluralità di elementi sintomatici, differenziandosi, ad esempio, dalla scelta compiuta dallo stesso legislatore nella individuazione della fattispecie di eccezionale rilevanza penale di cui al secondo comma dell’art. 80 TDPR n. 309/1990 (cfr., Sez. U, n. 36258 del 24/05/2012, Biondi, Rv. 253150), dove un singolo parametro (quello ponderale) è stato invece ritenuto di per sé sufficiente ad esprimere il maggiore (in questo caso) disvalore del fatto. In secondo luogo, perché è quella che meglio corrisponde alla ratio che ha ispirato la introduzione della fattispecie di lieve entità e cioè rendere la risposta repressiva in materia di stupefacenti compatibile con i principi di offensività e proporzionalità, nella consapevolezza del carattere variegato e mutante del fenomeno criminale cui si rivolge; in tale ottica è dunque richiesto – già al momento della sua qualificazione – di valutare la minore offensività del fatto, considerandolo nella sua concreta singolarità (e cioè effettiva consistenza lesiva) mediante la globale valutazione di tutti i dati sintomatici descritti dalla norma e delle relazioni intercorrenti tra i medesimi.

Le Sezioni unite, nel predetto arresto, hanno quindi argomentato che ritenere che la valutazione degli indici di lieve entità elencati dal comma 5 dell’art. 73 debba essere complessiva, significa certamente abbandonare l’idea che gli stessi possano essere utilizzati dal giudice alternativamente, riconoscendo od escludendo, cioè, la lieve entità del fatto anche in presenza di un solo indicatore di segno positivo o negativo, a prescindere dalla considerazione degli altri; ma allo stesso tempo anche che tali indici non debbano tutti indistintamente avere segno positivo o negativo.

Il percorso tracciato dal legislatore impone di considerare, infatti, anche la possibilità che tra gli stessi si instaurino rapporti di compensazione e neutralizzazione in grado di consentire un giudizio unitario sulla concreta offensività del fatto anche quando le circostanze che lo caratterizzano risultano prima facie contraddittorie in tal senso, come del resto già era stato in passato sostenuto in alcuni arresti delle sezioni semplici (Sez. 6, n. 167 del 23/01/1992, Rv. 189462; Sez. 4, n. 8954 del 11/05/1992, Rv. 191643, la quale, ad esempio, ha sottolineato come la lieve entità del fatto possa essere riconosciuta anche in presenza di una non modica quantità di droga, qualora la concreta modalità e la circostanza della condotta ne ridimensionino la rilevanza penale).

All’esito della valutazione globale di tutti gli indici che determinano il profilo tipico del fatto di lieve entità, è poi possibile che uno di essi assuma in concreto valore assorbente e cioè che la sua intrinseca espressività sia tale da non poter essere compensata da quella di segno eventualmente opposto di uno o più degli altri, come per l’appunto affermato nei precedenti arresti delle Sezioni unite.

Ma è per l’appunto necessario che una tale statuizione costituisca l’approdo della valutazione complessiva di tutte le circostanze del fatto rilevanti per stabilire la sua entità alla luce dei criteri normativizzati e non già il suo presupposto.

Ed è parimenti necessario che il percorso valutativo così ricostruito si rifletta nella motivazione della decisione, dovendo il giudice, nell’affermare o negare la tipicità del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, dimostrare di avere vagliato tutti gli aspetti normativamente rilevanti e spiegare le ragioni della ritenuta prevalenza eventualmente riservata a solo alcuni di essi.

Il che significa, come illustrato, che il discorso giustificativo deve dar conto non solo dei motivi che logicamente impongono nel caso concreto di valutare un singolo dato ostativo al riconoscimento del più contenuto disvalore del fatto, ma altresì di quelli per cui la sua carica negativa non può ritenersi bilanciata da altri elementi eventualmente indicativi, se singolarmente considerati, della sua ridotta offensività.

In tale ottica è opportuno sottolineare come anche l’elemento ponderale – quello che più spesso assume un ruolo centrale nell’apprezzamento giudiziale – non è escluso dal percorso valutativo implicito nella formulazione dell’art. 73, comma 5, come rivela ancora una volta proprio il raffronto dello stesso con la già evocata disposizione di cui all’art. 80, comma 2.

In altri termini, anche la maggiore o minore espressività del dato quantitativo deve essere anch’essa determinata in concreto nel confronto con le altre circostanze del fatto rilevanti secondo i parametri normativi di riferimento.

Ferma la possibilità che, nel rispetto delle condizioni illustrate, tale dato possa assumere comunque valore negativo assorbente, ciò significa che anche la detenzione di quantitativi non minimali potrà essere ritenuta non ostativa alla qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, e, per converso, che quella di pochi grammi di stupefacente, all’esito della valutazione complessiva delle altre circostanze rilevanti, risulti non decisiva per ritenere integrata la fattispecie in questione.