Escussione della parte offesa: inapplicabili le regole del codice di procedura civile (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 5^, sentenza n. 20209/2022, udienza del 13 gennaio 2022, ha ribadito che l’escussione della persona offesa è disciplinata dalle regole del codice penale di rito e non da quelle del codice di procedura civile.

Ricorso per cassazione

La difesa ha censurato la sentenza di secondo grado nella parte in cui non ha ravvisato l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dalle persone offese costituite parti civili, denunciata in quanto esse non sono state sentite ai sensi dell’art. 208 cod. proc. pen. bensì come testi.

Ad avviso del ricorrente, la Corte di appello erroneamente non avrebbe tenuto conto del disposto dell’art. 246 cod. proc. civ., assumendo che ai sensi dell’art. 193 cod. proc. pen. nel processo penale non operano i limiti di prova stabiliti dalle leggi civili (con le eccezioni contemplate dallo stesso articolo).

Difatti:

– l’art. 193 cit. dovrebbe riferirsi a diverse ipotesi, come l’obbligo di provare determinati fatti solo con la prova scritta ovvero di contestare il contenuto di un atto pubblico con la querela di falso;

– l’art. 246 cod. proc. civ. è legge dello Stato e ad esso deve farsi riferimento per individuare i soggetti che possono assumere la veste di testimone e quelli invece che tale veste non posso assumere perché portatori di un interesse; d’altra parte, l’art. 208 cod. proc. pen. consente di esaminare tali soggetti (senza – sottrarre prove al processo penale), valutandone però più approfonditamente la credibilità (considerato pure che nel caso di mendacio spesso essi potrebbero «fruire del disposto dell’art. 384» cod. pen.);

– ad argomentare secondo quanto ritenuto dalla Corte di appello, dovrebbe concludersi che anche l’imputato debba essere sentito come testimone;

– l’art. 191 cod. proc. pen. non consente l’utilizzazione delle prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge, così facendo riferimento a tutte le leggi; ai sensi dell’art. 208 cod. proc. pen., la parte civile dovrebbe essere sentita come – testimone soltanto quando nel processo vi siano posizioni in relazione alle quali non abbia un interesse proprio.

Pertanto, «le dichiarazioni delle persona offese dovrebbero essere dichiarate inutilizzabili»; e dovrebbe, perciò, annullarsi la sentenza con rinvio.

Decisione della Corte di cassazione

La difesa ha inteso trarre le regole di escussione della persona offesa nel processo penale non dallo specifico corpo normativo che lo disciplina, ossia – com’è ovvio – il codice di rito penale, bensì alla luce dell’art. 246 cod. proc. civ., per l’appunto volto a disciplinare il procedimento civile. E, sulla scorta di tale del tutto erronea prospettiva esegetica, ha finito col travisare il chiaro disposto dell’art. 208, comma 1, cod. proc. pen., che espressamente prevede l’esame quale «parte», qualora ne faccia richiesta o vi consenta, alla stregua delle altre parti private (l’imputato, il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria), anche della «parte civile che non debba essere esaminata come testimone», inciso quest’ultimo che la norma appena richiamata riferisce per l’appunto alla sola parte civile.

Il ricorrente, poi, non ha considerato che il codice di procedura penale, tra i soggetti incompatibili con l’ufficio di testimone (tra i quali pure sono annoverati il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria: cfr. spec. art. 197, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.) non contempla la parte civile.

Non vi è allora dubbio che – come usualmente avviene – la parte civile possa essere ritualmente esaminata quale teste, senza che occorra richiamare la copiosa giurisprudenza della Suprema Corte che, proprio in forza di tale presupposto, ha elaborato i criteri di apprezzamento delle dichiarazioni rese in tale veste (cfr. per tutte Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte, Rv. 253214 – 01).

Né occorre dilungarsi per osservare che l’asserto difensivo, secondo cui – a riprova dell’erroneità della conclusione secondo cui la parte civile potrebbe rendere testimonianza – dovrebbe allora affermarsi che anche l’imputato possa essere esaminato come testimone, trascura del tutto – oltre al disposto delle norme appena indicate – la peculiare disciplina dettata dal nostro ordinamento a tutela dell’imputato (così come alle persone imputate in un procedimento connesso, nei termini e secondo quanto previsto dagli artt. 197, 197-bis e 210 cod. proc. pen.) cui, a differenza del testimone, è garantito il diritto al silenzio e che non è obbligato a rispondere secondo verità (cfr. art. 209 cod. proc. pen., non richiama l’art. 198, comma 1, cod. proc. pen.; in questa sede, non occorre dilungarsi in relazione alla disciplina del c.d. teste assistito).

È, allora, superflua ogni ulteriore considerazione.