Cassazione penale, Sez. 3^, sentenza n. 20007/2024, udienza dell’1 febbraio 2024, ha escluso che sia configurabile come errore di fatto l’ignoranza della capacità psicotropa delle infiorescenze di cannabis sativa.
La Corte di appello di Bari ha, con sentenza del 13 marzo 2023, integralmente confermato la precedente decisione con la quale, in data 14 aprile 2021, il Tribunale di Foggia, in esito a giudizio celebrato nelle forme ordinarie,
Vicenda giudiziaria
La Corte di appello di Bari ha, con sentenza del 13 marzo 2023, integralmente confermato la precedente decisione con la quale, in data 14 aprile 2021, il Tribunale di Foggia, in esito a giudizio celebrato nelle forme ordinarie, aveva dichiarato GS responsabile del reato di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, per avere detenuto sostanza stupefacente del genere marijuana, per una quantità complessivamente pari a gr 1.642,306, avente una quantità di principio attivo (delta 9 tetraidrocannabinolo) pari a poco più di 29 gr, idoneo per la preparazione di 1.160 dosi medie singole, che, sebbene derivante dalla Cannabis sativa L per uso industriale, era insuscettibile di commercializzazione in quanto dotata di efficacia drogante, apparendo, tuttavia, in funzione delle modalità di confezionamento e della sua quantità, destinata alla cessione a terzi.
Ricorso per cassazione
Avverso la sentenza de qua ha interposto ricorso per cassazione il prevenuto.
Un primo motivo di ricorso concerne, con riferimento alla ritenuta violazione di legge ed al difetto di motivazione, per non avere i giudici del merito escluso la rilevanza penale della condotta attribuita all’imputato, in ragione del fatto che lo stesso ignorava la circostanza che la sostanza stupefacente da lui detenuta – costituita dalle infiorescenze di Cannabis sativa L delle quali, a determinate condizioni, sono consentiti, sulla base della normativa contenuta nella legge n. 242 del 2016, la detenzione e l’utilizzo a determinati fini anche commerciali – fosse dotata di capacità psicotrope.
Decisione della Corte di cassazione
La vendita e la commercializzazione al pubblico dei derivati della Cannabis sativa L integrano il reato di cui all’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, anche laddove gli stessi presentino un contenuto di THC inferiore ai valori indicati dall’art. 4, commi 5 e 7, della legge n. 242 del 2016, salvo il caso in cui tali derivati siano in concreto privi di ogni efficacia drogante o psicotropa, posto che in tale caso la condotta posta in essere deve intendersi priva del requisito necessario della offensività (Corte di cassazione, sezione III penale, 8 settembre 2022, n. 33101, nella quale si distingue, opportunamente, fra sostanze contenenti THC e sostanze contenenti cannabidiolo; Corte di cassazione, sezioni unite penali, 10 luglio 2019, n. 30475).
Nel caso ora in esame è sicuro che i prodotti detenuti dal ricorrente per la loro commercializzazione, fossero, data la percentuale di THC in essi presenti, idonei a spiegare effetti psicotropi.
Né può aderirsi alla tesi esposta dalla difesa, secondo la quale la condotta dell’imputato doveva essere scriminata in quanto frutto di un suo errore in relazione alla presenza del citato principio attivo. Invero, anche a volere dare credito alla tesi del ricorrente, l’errore da lui, in via del tutto ipotetica, commesso, non sarebbe un “errore di fatto” o “sul fatto”, che, ai sensi dell’art. 47 cod. pen., esime dalla punibilità escludendo la ricorrenza del dolo. Quest’ultimo consiste in una difettosa percezione o in una difettosa ricognizione della percezione che alteri il presupposto del processo volitivo, indirizzandolo verso una condotta viziata alla base (Corte di cassazione, sezione V penale, 17 gennaio 2022, n. 1780); nella presente circostanza ci si troverebbe di fronte, semmai, ad un errore sulla portata della norma penale, avendo il ricorrente ritenuto che la rilevanza penale della commercializzazione dei prodotti della Cannabis sativa L fosse condizionata non dalla presenza in essi della efficacia psicotropa ma dalla percentuale inferiore allo 0,6% di principio attivo (THC) presente in essi.
Trattandosi, pertanto, di errore sulla portata e sulla struttura della norma precettiva penale, esso non ha alcuna valenza tale da escludere la punibilità della condotta posta in essere.
