Turbative verificatesi in un concorso pubblico per la designazione di un dirigente sanitario: non possono essere qualificate come turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 6^, sentenza n. 21104/2024, udienza dell’11 aprile 2024, ha escluso che il reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (art. 353-bis, cod. pen.) sia applicabile a eventuali turbative verificatesi in occasione di un concorso pubblico per la designazione di un dirigente sanitario.

Il delitto di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, previsto dall’art. 353-bis cod. pen., è un reato di pericolo, posto a tutela dell’interesse della Pubblica Amministrazione di poter contrarre con il miglior offerente, per il cui perfezionamento è necessario che sia posta concretamente in pericolo la correttezza della procedura di predisposizione del bando di gara, ma non anche che il contenuto di detto provvedimento venga effettivamente modificato in modo tale da condizionare la scelta del contraente (Sez. 6, n. 29267 del 05/04/2018, Rv. 273449).

Come ha chiarito Sez. 6, n. 26840 del 14/4/2015, “l’art. 353 bis c.p., disciplina la turbata libertà del procedimento di scelta del contraente prima dell’eventuale gara. La norma è stata introdotta dal Legislatore, nel corso dell’iter che ha condotto alla L. n. 136 del 2010, al dichiarato scopo di prevedere espressamente la rilevanza penale delle condotte di turbamento (specificamente indicate) anche alla fase precedente la gara […]. L’art. 353-bis c.p., prevede così che, salvo che il fatto costituisca fatto più grave, abbia autonoma rilevanza penale la condotta di chiunque, alternativamente con violenza minaccia doni promesse collusioni o altri mezzi fraudolenti (i medesimi comportamenti considerati dalla fattispecie ex art. 353 c.p.), turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando ovvero di altro atto equipollente, al fine di condizionarne le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione” cosicché “attraverso l’art. 353-bis c.p., si è inteso evitare ogni vuoto di tutela, incriminando anche quei tentativi di condizionamento a monte degli appalti pubblici che risultino, ex post, inidonei ad alterare l’esito delle relative procedure. L’illecita interferenza nel procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando, finalizzata a condizionare le modalità di scelta del contraente (ad esempio, mediante la personalizzazione dei requisiti prescritti), determina, già di per sé sola, l’applicazione delle sanzioni penali.

In definitiva, nella consapevolezza che i beni ed interessi giuridici che meritano tutela nel contesto (sia quello della pubblica amministrazione ad individuare il contraente più competente alle condizioni economiche migliori; sia quello della tutela della libertà di iniziativa economica) sono lesi non solo da condotte successive a un bando il cui contenuto sia stato determinato nel pieno rispetto di tali beni e interessi giuridici, ma anche dalle condotte precedenti che abbiano influito sul contenuto o che potrebbero avere influenza, il Legislatore ha inteso anticipare la tutela penale rispetto al momento di effettiva indizione formale della “gara” ed anche quando una procedura volta alla determinazione del bando (o di atto equivalente) sia stata svolta pur senza approdare a un positivo provvedimento formale.

Ciò, come osservato da autorevole dottrina, in un contesto di anticipazione della soglia della tutela a fasi dell’iter criminis anteriori alla consumazione dell’offesa finale, che caratterizza la frammentazione casistica del tentativo in autonome fattispecie di atti preparatori o prodromici, rispetto ad attività delinquenziali caratterizzate da forte complessità, in cui il pregiudizio finale si realizza a seguito di processi comportamentali estremamente articolati, cui possono concorrere plurimi soggetti e la cui efficacia causale è molto difficilmente riferibile a ciascun agente“.

Così delineati l’oggetto della tutela penale e la collocazione sistematica in funzione anticipatoria della tutela apprestata dalla fattispecie in esame, deve essere richiamato il condiviso orientamento di legittimità che, in relazione all’art. 353 cod. pen., ha affermato il principio secondo il quale non integrano il delitto di turbata libertà degli incanti le condotte impeditive o turbative tenute durante l’espletamento delle procedure di concorso per l’accesso ai pubblici impieghi o relative alla mobilità del personale tra diverse amministrazioni, essendo la previsione incriminatrice funzionale al regolare svolgimento dei soli procedimenti finalizzati all’acquisizione di beni e servizi ed ostando, in via generale, all’estensione applicativa della norma, per via di un’inammissibile interpretazione analogica “in malam partem”, il principio di tassatività e determinatezza della fattispecie penale (Sez. 6, n. 26225 del 10/05/2023, Rv. 285528); ancora, non è configurabile il delitto di turbata libertà degli incanti nel caso di procedure di concorso finalizzate al reclutamento di docenti universitari, posto che la norma incriminatrice, nel riferirsi testualmente a nozioni tecniche dal significato infungibile, indicato nel codice degli appalti e nella normativa di settore di cui al r. d. n. 2440 del 1923 e al r. d. n. 827 del 1924, circoscrive la tutela alle sole procedure finalizzate alla cessione di beni o all’affidamento all’esterno dell’esecuzione di un’opera o della gestione di un servizio e non ai concorsi per il reclutamento del personale docente delle università, caratterizzati dalla valutazione di offerte che si risolvono nell’attività pregressa del candidato (Sez. 6, n. 32319 del 24/05/2023, Rv. 284945); infine, in tema di turbativa d’asta, le procedure concorsuali per l’assunzione di personale da parte dello Stato e delle sue articolazioni non possono essere ricondotte alla nozione di “gara” di cui la pubblica amministrazione si avvale per la cessione di beni ovvero per l’affidamento all’esterno dell’esecuzione di un’opera o la gestione di un servizio, ostandovi il dato testuale dell’art. 353 cod. pen. – facente tassativo riferimento alle gare nei “pubblici incanti e nelle licitazioni private per conto di pubbliche amministrazioni” -e, dunque, il divieto di analogia “in malam partem” (Sez. 6, n. 38127 del 24/05/2023, Rv. 285274).

La ratio espressa dall’orientamento richiamato, riguardante la fattispecie di cui all’art. 353 cod. pen., deve essere applicata anche alla diversa fattispecie dell’art. 353-bis cod. pen. contestata nella vicenda in esame.

L’evidente raccordo di tale fattispecie in funzione anticipatoria rispetto a quella dell’art. 353 cod. pen., impone di escludere la sua applicazione al concorso pubblico per la designazione di un dirigente sanitario, non essendo sufficiente il richiamo alla esistenza di una procedura di valutazione comparativa finalizzata alla sua designazione, non avendo riguardo tale scelta alla individuazione di un “contraente” per cessione di beni o all’affidamento all’esterno dell’esecuzione di un’opera o della gestione di un servizio.

Questa radicale ragione che esclude la ipotizzabilità del reato di cui all’art. 353-bis cod. pen. nel caso di specie assorbe, quindi, le censure proposte dal ricorrente, determinando l’annullamento della ordinanza impugnata e della ordinanza genetica limitatamente al reato in esame.