Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 23905/2024, udienza del 6 giugno 2024, porta alla luce un interessante caso di disputa sulla legittimazione del PM ad impugnare un provvedimento di confisca, in dipendenza del suo ruolo funzionale di vigilanza sulla corretta applicazione della legge.
Vicenda giudiziaria
Con ordinanza in data 12 febbraio 2024 la Corte di appello di Cagliari, quale giudice dell’esecuzione, dichiarava inammissibile per difetto di legittimazione la richiesta 2 febbraio 2024 del PG presso essa stessa finalizzata ad ottenere la revoca della confisca per equivalente (ex art. 11 I. 146/2006 e 12-sexies d.l. n. 306/1992, ora art. 240-bis cod. pen.) dell’autovettura [seguono i suoi estremi identificativi], originariamente immatricolata in Italia ed a suo tempo acquistata da MC, soggetto condannato per violazioni della legge sugli stupefacenti (artt. 73 e 74 D.P.R. n. 309/90) con sentenza della medesima Corte in data 21 gennaio 2022 (irrevocabile dal 7 novembre 2023).
Le vicende relative alla predetta autovettura possono essere sinteticamente ricostruite come segue:
a) all’esito del giudizio di merito era stata – tra l’altro – disposta la confisca, anche per equivalente, di tutti i beni mobili registrati facenti capo all’imputato MC;
b) il PG di Cagliari, competente per l’esecuzione ai sensi dell’art. 655 cod. proc. pen. individuava quale bene integrante il compendio acquisibile anche l’autovettura sopra menzionata; c) il veicolo non veniva materialmente rinvenuto in possesso di MC e quindi lo stesso veniva inserito nella banca dati S.D.I. Schengen come “oggetto di ricerca”;
d) il 17 dicembre 2022 gli organi di cooperazione internazionale di polizia ricevevano comunicazione che l’autovettura era stata rinvenuta a Barcellona e che la stessa risultava reimmatricolata in Spagna già dal 12 giugno 2013, quindi in data anteriore sia alla data di emissione del provvedimento di sequestro preventivo che a quella di inserimento della ricerca del mezzo nelle banche dati di polizia;
e) con ordinanza in data 23 gennaio 2023 il GIP presso il Tribunale di Cagliari, su istanza dell’amministratore giudiziario, autorizzava il recupero del veicolo in Spagna e la sua nuova immatricolazione in Italia;
f) l’attuale intestataria dell’autovettura è tale ABRB che appare avere acquistato in buona fede il veicolo in data 31 ottobre 2017 da tale OARN il che porta a ritenere che MC in epoca anteriore a tale data aveva ceduto a terzi il veicolo omettendo di darne comunicazione agli Uffici nazionali competenti e di seguire l’iter per il passaggio di proprietà previsto dalla legge.
Alla luce di quanto emerso il PG chiedeva alla Corte di appello di revocare la confisca e di disporre la radiazione del veicolo dal P.R.A. italiano e dall’Archivio Nazionale Veicoli stante l’intervenuta esportazione e nuova immatricolazione dello stesso in Spagna.
Come detto, la Corte di appello, con l’ordinanza impugnata dichiarava inammissibile la richiesta del PG ritenendo che l’unica persona legittimata a richiedere la revoca del provvedimento ablativo e la restituzione del veicolo sia solo l’attuale intestataria ABRB.
Ricorso per cassazione
Ricorre per cassazione avverso la predetta ordinanza il PG, deducendo con motivo unico la violazione della legge processuale (art. 606, comma 1 lett. b, in relazione agli artt. 666 e 676 cod. proc. pen.).
Decisione della Corte di cassazione
L’art. 73 del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento Giudiziario) espressamente dispone che «Il pubblico ministero veglia alla osservanza delle leggi, alla pronta e regolare amministrazione della giustizia …».
Principio immanente nel nostro codice di procedura penale è, quindi, quello dell’interesse del PM ad ottenere una corretta e sollecita applicazione della legge.
Detto principio ha trovato conforto in numerose pronunce della Suprema Corte ed in particolare in due pronunce delle Sezioni unite nella prima delle quali (Sez. U. n. 9616 del 1995, Rv. 202018) è stato testualmente enunciato il seguente principio di diritto: «Il Pubblico Ministero, avuto riguardo alla natura di parte pubblica che lo caratterizza ed alla fondamentale funzione di vigilanza sull’osservanza delle leggi e sulla pronta e regolare amministrazione della giustizia che gli è assegnata dall’art. 73 dell’ordinamento giudiziario, deve ritenersi titolare di un interesse ad impugnare ogni qual volta ravvisi la violazione o l’erronea applicazione di una norma giuridica, sempre che tale interesse presenti i caratteri della concretezza e dell’attualità, e cioè che con il proposto gravame si intenda perseguire un risultato non soltanto teoricamente corretto ma anche praticamente favorevole».
La seconda pronuncia delle Sezioni unite (Sez. U. n. 42 del 1995, Rv. 203093), a corollario di quanto già affermato, ha ulteriormente chiarito che «L’interesse richiesto dall’art. 568, quarto comma, cod. proc. pen., quale condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione, deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste solo se il gravame sia idoneo a costituire, attraverso l’eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa per l’impugnante rispetto a quella esistente; pertanto, qualora il pubblico ministero denunci, al fine di ottenere l’esatta applicazione della legge, la violazione di una norma di diritto formale, in tanto può ritenersi la sussistenza di un interesse concreto che renda ammissibile la doglianza, in quanto da tale violazione sia derivata una lesione dei diritti che si intendono tutelare e nel nuovo giudizio possa ipoteticamente raggiungersi un risultato non solo teoricamente corretto, ma anche praticamente favorevole».
È ben vero che le due pronunce citate e molte altre conformi che ne sono seguite fanno espresso richiamo all’interesse ad impugnare ex art. 568, comma 4, cod. proc. pen. così come è vero che il comma 4-bis (introdotto con l’art. 1, comma 1, del d. lgs. n. 11/2018) del medesimo articolo di legge prevede la possibilità del PM di proporre «impugnazione diretta a conseguire effetti favorevoli all’imputato solo con ricorso per cassazione», disposizione dalla quale si evince un’indubbia tendenza rispetto alla disposizione previgente a restringere i poteri impugnatori dell’organo di pubblica accusa sia con riguardo alle modalità di azione che con riguardo alla limitazione del potenziale soggetto beneficiario.
Ciò, tuttavia, non impedisce di esportare in bonam partem e vista l’assoluta particolarità del caso il principio generale enunciato dalle Sezioni unite anche alla possibilità per il PM di chiedere alla Corte di appello la revoca della confisca de qua.
Partendo, infatti, dal principio che «In tema di confisca, il terzo estraneo al reato può far valere il diritto alla restituzione con la proposizione di incidente di esecuzione, nell’ambito del quale, escluso che possano essere rivalutate le ragioni della confisca, può dimostrare la sussistenza del diritto di proprietà e l’assenza di ogni addebito di negligenza» (Sez. 3, n. 50304 del 10/11/2023, Rv. 285695) deve essere evidenziata la particolarità del caso in esame nel quale, come già in parte evidenziato dallo stesso ricorrente:
a) ci si trova in presenza di un veicolo individuato all’estero ma non ancora attinto materialmente dal provvedimento ablativo;
b) l’attuale intestataria non risulta avere avuto contatti con il condannato C. ed ha acquistato il veicolo immatricolato in Spagna da un venditore autorizzato il che, in assenza di elementi contrari, lascia presumere la sua buona fede;
c) appare più che ragionevole ritenere che, qualora il provvedimento di confisca venisse eseguito e qualora la signora RB avanzasse una richiesta di restituzione, la stessa sarebbe accolta;
d) l’esecuzione della confisca del veicolo e la conseguente procedura per ottenere la revoca del provvedimento impegnerebbero inutilmente l’Autorità Giudiziaria italiana ed imporrebbero un onere ingiustificato alla stessa cittadina straniera.
Alla luce di quanto evidenziato risultano sussistere in capo al PM richiedente gli elementi non solo per una possibile azione finalizzata a garantire l’osservanza delle leggi ma anche la pronta e regolare amministrazione della giustizia che gli è assegnata dall’art. 73 dell’Ordinamento Giudiziario.
L’interesse ad agire del PM era quindi concreto ed attuale, oltre che indubbiamente finalizzato ad ottenere un provvedimento favorevole alla legittima proprietaria del veicolo.
La legittimazione dell’organo della Pubblica Accusa a richiedere alla Corte di appello la revoca del provvedimento di confisca dell’autovettura deve quindi ritenersi sussistente.
Quando detto impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di appello per un nuovo esame.
