Rinuncia all’impugnazione: è un atto personalissimo dell’imputato che non può essere compiuto dal difensore (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 6^, sentenza n. 17308/2024, udienza del 30 gennaio 2024, ha affrontato il tema dell’efficacia attribuibile alla rinuncia implicita, per mancato richiamo, di taluni motivi di gravame nelle conclusioni rassegnate dalla difesa alla Corte di appello.

Il collegio di legittimità ha evidenziato al riguardo che la rinuncia all’impugnazione costituisce atto abdicativo di carattere formale, che non ammette equipollenti ed è disciplinata, quanto a legittimazione, modalità di presentazione e termini, dall’art. 589 cod. proc. pen., norma che opera espresso rinvio al disposto degli artt. 581 e 582 cod. proc. pen.

Ne consegue che tale manifestazione di volontà deve essere espressa in modo chiaro ed inequivoco e non può, pertanto, essere desunta unicamente dal tenore delle richieste conclusive formulate nell’udienza di appello. In tal senso, un consolidato e risalente indirizzo si è espresso con riguardo alla rinuncia all’impugnazione del PM (cfr., tra le molte, Sez. 6, n. 35267 del 22/06/2021, Rv. 281984, nonché Sez. 2, n. 23404 del 09/02/2017, Rv. 270311, secondo la quale non danno luogo a rinuncia le conclusioni di udienza con cui il PM chieda la conferma della sentenza di condanna di primo grado, che era stata impugnata con appello del suo ufficio in relazione alla quantificazione della pena).

La giurisprudenza di legittimità ha inoltre più volte affermato che, nel giudizio di appello, la mancata riproposizione delle conclusioni della parte civile – anche alla luce del principio di immanenza della costituzione della parte civile – non può essere considerata, di per sé, manifestazione inequivoca di una rinuncia implicita all’impugnazione (Sez. 2, n. 21655 del 09/02/2018, Rv. 272980; Sez. 2, n. 29859 del 23/06/2016, Rv. 267482).

Si tratta, peraltro, di principi di portata generale suscettibili di essere estesi alla rinuncia del difensore dell’imputato.

Con riguardo alla rinuncia parziale all’impugnazione, che riguardi cioè quelle parti dell’impugnazione con cui si contesti e si chieda la riforma o l’annullamento di uno o più capi o punti del provvedimento impugnato, le Sezioni unite hanno espressamente affermato che essa costituisce atto abdicativo di diritti e facoltà processuali già acquisiti, sia pure con effetti più limitati rispetto a quella totale, e si differenzia quindi della mera rinuncia ad una o più argomentazioni o motivazioni su cui si fondano le diverse parti dell’impugnazione relative ai diversi capi impugnati. Da tanto consegue che la rinuncia non può essere effettuata dal difensore, di fiducia o di ufficio, che non sia munito di procura speciale, in quanto – affermano le Sezioni unite – non ricompresa nella discrezionalità tecnica del difensore, a differenza della mera rinuncia ad una o più argomentazioni o motivazioni su cui si fondano le diverse parti dell’impugnazione relative ai diversi capi impugnati (Sez. U, n. 12603 del 24/11/2015, dep. 25/03/2016, Celso, Rv. 266245).

Le predette Sezioni unite hanno ribadito sul punto che il difensore non ha autonomi poteri dispositivi del rapporto processuale, come è dato evincere da inequivoci elementi esegetici, di natura sia letterale che sistematica, rinvenibili nel codice di rito.

Rispetto alla norma generale di cui all’art. 99, comma 1 – per la quale al difensore competono le facoltà e i diritti che la legge riconosce all’imputato, a meno che essi siano riservati espressamente a quest’ultimo – l’art. 589, comma 2, fa testualmente riferimento alla sola rinuncia proposta dalle «parti private» – anche a mezzo di procuratore speciale, senza prevedere deroghe al carattere personale dell’atto abdicativo di diritti già acquisiti in cui consiste la rinuncia all’impugnazione pendente. L’art. 571, comma 3, in proposito, assegna al difensore dell’imputato unicamente il potere di proporre impugnazione, ma non prevede alcunché in ordine alla rinuncia all’impugnazione già proposta; ed anche il successivo comma 4 si riferisce espressamente alla sola rinuncia dell’imputato, prevedendo che questi possa togliere effetto dall’impugnazione proposta dal difensore nei modi previsti per la rinuncia.

Dunque, all’attribuzione al difensore di un autonomo potere di impugnazione, non corrisponde, nella trama codicistica, un autonomo e parallelo potere di caducarne gli effetti mediante una dichiarazione di rinuncia, invece riservata esclusivamente all’imputato, quale titolare del relativo diritto. In tal senso si erano già espresse in passato Sez. U n. 18 del 05/10/1994, dep. 1995, Battaggia, Rv. 199805, per le quali «la rappresentanza del difensore non può estendersi all’esercizio di poteri processuali dispositivi, i quali propriamente non costituiscano esplicazione di tutela difensiva e come tali possano ricondursi solo alla volontà dell’imputato, richiedendo perciò una manifestazione personale o per mezzo di procuratore speciale» e tale arresto aveva inquadrato, tra tali atti personalissimi, la rinuncia all’impugnazione (nello stesso senso, più di recente, Sez. U n. 47923 del 29/10/2009, D’Agostino, Rv. 244819).