Giudici sbadati che non leggono le decine di documenti allegati all’istanza di ingiusta detenzione dell’innocente di turno che intendeva dimostrare i pregiudizi subiti alla salute, alla reputazione per la diffusione della notizia dell’arresto e all’attività commerciale esercitata e scrivono: “Non possono essere considerati ulteriori pregiudizi alla vita sociale e familiare dell’istante in quanto genericamente enunciati nella richiesta di liquidazione e sforniti di alcuna prova”.
La Cassazione sezione 4 con la sentenza numero 24106/2024 ha esaminato l’ennesimo caso di malagiustizia.
Fatto
La Corte di appello di Catanzaro con ordinanza del 5 dicembre 2023, in parziale accoglimento della richiesta di riparazione per ingiusta detenzione avanzata nell’interesse di R.R., il quale è stato ristretto in custodia cautelare in carcere complessivamente dal 12 luglio al 2 settembre 2003, in relazione all’accusa di partecipazione ad associazione mafiosa ed altro, accusa archiviata con decreto del 25 ottobre 2017, ha liquidato allo stesso l’importo complessivo di 12.498,46 euro, calcolati moltiplicando la somma di 235,82 euro per ogni giorno di carcere per i 53 giorni trascorsi in cella, mentre ha rigettato ogni altra richiesta ritenendo che «Non possono essere considerati ulteriori pregiudizi alla vita sociale e familiare dell’istante in quanto genericamente enunciati nella richiesta di liquidazione e sforniti di alcuna prova» (così alla pagina 3 del provvedimento impugnato).
Decisione
La Cassazione rileva che in effetti emerge che nel grado di merito era stata illustrata e prodotta l’ampia documentazione che è nuovamente allegata al ricorso.
Si tratta, di numerosi articoli di stampa nazionale idonei a dimostrare la ampia diffusione che ha avuto la notizia dell’arresto di R.R. ed il conseguente nocumento all’immagine dello stesso;
di consulenze di parte e di varia documentazione sanitaria utili a comprovare le gravi conseguenze psicologiche patite dall’indagato;
di una relazione tecnica redatta da professionista sull’andamento commerciale della società gestita dal ricorrente prima e dopo la privazione della libertà;
tutti documenti idonei a comprovare, in tesi di parte ricorrente, ulteriori danni patiti per effetto della ingiusta carcerazione.
La totale pretermissione di ogni valutazione da parte della Corte territoriale nel giudizio di merito, non essendovi al riguardo alcun cenno in motivazione, impone l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alla quantificazione dell’indennizzo.
Ora ci sarà un nuovo giudizio e sono trascorsi solo 21 anni dalla data dell’arresto e 7 anni dalla fine dell’incubo giudiziario, rimane l’amarezza per la “dimenticanza” dei giudici che non hanno visto e letto la documentazione della difesa ed hanno reso attuale il pensiero di Karl Kraus: “Il solo ammonimento ai giudici di giudicare secondo scienza e coscienza, non basta. Ci vorrebbero delle norme per stabilire quanto piccola può essere la conoscenza e quanto grande la coscienza”.
