Strumenti a disposizione dell’imputato per giovarsi dell’effetto estensivo dell’impugnazione altrui (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 5^, sentenza n. 51550/2023, udienza del 30 novembre 2023, ha ribadito che l’appello principale ritenuto inammissibile per tardività può essere qualificato, in ossequio al generale principio del favor impugnationis, come appello incidentale, nel caso in cui le doglianze in esso formulate siano speculari e antagoniste rispetto ai temi devoluti nel gravame ritualmente presentato da altra parte (Sez. 5, n. 24076 del 04/05/2022, Rv. 283258 – 01).

Il carattere necessariamente antagonista dell’impugnazione discende dalle conclusioni raggiunte dalle Sezioni unite penali, le quali hanno puntualizzato che l’appello incidentale – secondo quanto testualmente risulta dall’art. 595 del codice di rito e dalle norme esplicitamente o implicitamente chiamate in causa dal primo – appare connotato, per un verso, dalla sua funzione accessoria rispetto all’impugnazione principale e, per un altro verso, da una specifica autonomia rilevante anche in relazione al requisito dell’interesse all’impugnazione, che si proietta non (tanto) sulla sentenza di primo grado (nei confronti della quale, anzi, la parte si era dimostrata acquiescente, quanto) ma sulla futura, ipotetica decisione quale conseguenza dell’appello principale, cosicché è proprio quest’ultimo a delimitare anche sul piano funzionale l’area di incidenza dell’appello incidentale (Sez. U, n. 10251 del 17/10/2006, dep. 2007, Michaeler, Rv. 235699 – 01).

Tale esito interpretativo è coerente con le indicazioni di Corte cost., sent. n. 280 del 1995, a mente della quale «appare equo e ragionevole assicurare alla parte, che si era risolta a fare acquiescenza alla sentenza del primo giudice, il mezzo per impedire che la sentenza di secondo grado possa sacrificare le proprie ragioni al di là di quanto già accaduto per effetto della sentenza di primo grado».

Ove, tuttavia, sia esclusa la possibilità di individuare un rituale appello incidentale e ferma la tardività dell’impugnazione, ove qualificata come appello principale, bisogna comprendere quali strumenti abbia a disposizione l’imputato per giovarsi dell’effetto estensivo dell’impugnazione.

Proprio sul versante dei rimedi, si ricorda che, alla stregua di un orientamento risalente, avallato da Sez. U, n. 9 del 24/03/1995, Cacciapuoti, Rv. 201305 – 01, e anche di recente confermato (si veda, tra le altre, Sez. 1, n. 9929 del 18/02/2020, Rv. 278688 – 01), la proposizione dell’impugnazione contro la sentenza di condanna da parte di uno degli imputati non determina la sospensione dell’esecuzione della pena nei confronti dei coimputati condannati e non impugnanti per i quali la sentenza sia divenuta irrevocabile, poiché l’effetto estensivo dell’impugnazione opera solo, come rimedio straordinario, quando è riconosciuta la fondatezza del motivo non esclusivamente personale di censura dedotto dall’imputato diligente.

In disparte siffatta ricostruzione – che riguarda la situazione esistente nella pendenza del processo di impugnazione -, resta, pertanto, da considerare che, una volta intervenuta, come nella specie, la sentenza di secondo grado, il condannato non impugnante la sentenza di primo grado e non legittimato a proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di appello emessa a seguito dell’impugnazione dei coimputati può solo rivolgersi al giudice dell’esecuzione, al fine di conseguire la rimozione del giudicato, in attuazione del rimedio straordinario assicurato dall’art. 587 cod. proc. pen e condizionato al verificarsi dell’evento di accoglimento del motivo non esclusivamente personale (per siffatta qualificazione dell’effetto estensivo, risalente all’elaborazione maturata nel vigore del precedente codice di rito e confermata dalle citate Sez. U. Cacciapuoti).