Cassazione penale, Sez. 7^, ordinanza n. 24512/2024, udienza del 12 giugno 2024, ha ribadito che l’omesso appello avverso il diniego della causa di non punibilità ex art. 131-bis, cod. pen. preclude il ricorso per cassazione sulla medesima questione, senza che rilevi a tal fine la facoltà del giudice di appello di applicare d’ufficio la medesima causa.
Il difensore del ricorrente ha fatto ricorso avverso la sentenza della Corte territoriale, chiedendone l’annullamento per l’omessa applicazione d’ufficio della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis, cod. pen.
il collegio di legittimità ha dichiarato inammissibile il ricorso.
Ha rilevato a tal fine che il giudice di primo grado aveva ritenuto motivatamente di escludere la qualificazione del fatto di particolare tenuità a norma dell’art. 131-bis cod. pen. “considerando la pluralità e l’entità dei sintomi manifestati, univocamente dimostrativi di uno stato di significativa alterazione psicofisica con correlativo elevato pericolo per la sicurezza della circolazione stradale, vieppiù aggravato dall’inoltrata ora notturna“.
Così come ha rilevato che, nel successivo atto di appello, il difensore dell’imputato non aveva formulato uno specifico motivo contro la decisione sul punto del giudice di primo grado.
Il collegio della Cassazione ha riconosciuto che il giudice di appello avrebbe potuto valutare la questione anche d’ufficio (Sez. 6, sentenza n. 2175 del 25/11/2020 dep. 2021, Rv. 280707 – 01), ma lo ha fatto in casi in cui non sussisteva già una motivazione di diniego sul punto con cui l’appellante non si era confrontato.
La giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere che non possano essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare perché non devolute alla sua cognizione (Sez. 4, n. 27110 del 15/9/2020, Rv. 279958; conf. Sez. 3, n. 16610 del 24/01/2017, Rv. 269632; Sez. 2, n. 13826 del 17/2/2017, Rv. 269745; Sez. 2, n. 29707 del 8/3/2017, Rv. 270316; Sez. 5, n. 48416 del 6/10/2014, Rv. 261029; Sez. 5, n. 25814 del 23/4/2013, Rv. 255577; Sez. 2, n. 22362 del 19/4/2013, Rv. 255940).
Tale indirizzo serve ad evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura “a priori” un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello. (così Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Rv. 270316 – 01 che ha ritenuto inammissibile il dedotto vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla subordinazione della sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno, atteso che la relativa questione non era stata prospettata in appello, ove il ricorrente si era limitato a dolersi dell’illegittimo diniego all’imputato del beneficio della pena sospesa).
E in altra pronuncia, condivisibilmente, è stato ritenuto inammissibile il motivo di impugnazione con cui venga dedotta una violazione di legge che non sia stata eccepita nemmeno con l’atto di appello, non avendo l’intervenuta trattazione della questione da parte del giudice di secondo grado efficacia sanante “ex post” (Sez. 3, n. 21920 del 16/5/2012, Rv. 252773).
Di recente è stato poi ulteriormente specificato — con un’affermazione che ben si attaglia al caso in esame – che è inammissibile, ai sensi dell’art. 606, comma 3, ultima parte, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione che deduca una questione che non ha costituito oggetto dei motivi di appello, tale dovendosi intendere anche la generica prospettazione nei motivi di gravame di una censura solo successivamente illustrata in termini specifici con la proposizione del ricorso in cassazione (Sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, Rv. 280306 – 01).
