La paura, il comico e il giurista (di Vincenzo Giglio)

Io sono il Ministro della Paura, e come ben sapete senza la paura non si vive. Senza la paura della fame e della sete non si vive. Senza la paura della famiglia e della scuola non si vive. Senza la paura di Dio e della sua barba bianca non si vive. Una società senza paura è come una casa senza fondamenta. Per questo io ci sarò sempre. Io aiuto il mondo a mantenere l’ordine. Senza di me le guerre scoppierebbero inutilmente. Le epidemie non avrebbero senso. Le bombe esploderebbero senza nessun vantaggio sociale. Io trasformo la paura in ordine, e l’ordine è il cardine di ogni società rispettabile” (Antonio Albanese, alias Il Ministro della Paura, su La7, febbraio 2013, visionabile a questo link).

La questione penale è sempre più centrale nei nostri sistemi politici. Non si tratta di un fenomeno nuovo. Da molti anni l’uso demagogico e congiunturale del diritto penale, diretto a riflettere e ad ali­menta­re la paura quale fonte di consenso elettorale tramite politiche e misure illiberali tanto inefficaci alla prevenzione della criminalità quanto promotrici di un sistema penale disuguale e pesantemente lesivo dei diritti fondamentali – in breve il populismo penale – forma un tratto caratteristico delle nostre politiche securitarie”  (Luigi Ferrajoli, Il populismo penale nell’età dei populismi politici, in volerelaluna, marzo 2019, poi riproposta dallo stesso Autore, in  Giustizia e politica. Crisi e rifondazione del garantismo penale, Editori Laterza, 2024).

Ferrajoli è un grande maestro del diritto e Albanese è un attore e un comico di talento: entrambi hanno intuito che la paura è uno strumento di prima forza del populismo politico e penale solo che il comico lo ha fatto per primo.