Il giudice “prende appunti”: è un buon segno? (di Riccardo Radi)

Metti un lunedì di giugno in tribunale, un processo per maltrattamenti, l’udienza che si prolunga e la camera di consiglio che supera l’ora e la collega di difesa che ostenta pensieri positivi.

Riccardo la discussione è andata bene, il giudice scriveva continuamente con aria pensierosa e ti seguiva punto su punto”.

Non credo significhi molto” la mia risposta sibillina.

Ma come?”, la collega sembra convinta e mi guarda con aria interrogativa perché la guardo sornione e le rispondo “Cara mia ma non conosci la poesia Er decimo Giurato di Trilussa?”.

Riccardo ma che c’entra ora la poesia, ultimamente sei diventato difficile da capire”.

Allora te la declamo amica mia”.

Er decimo giurato

Er perito spiegò ch’er delinquente
ci aveva la capoccia sbrozzolosa,
e questa fu la parte più nojosa
perché nessuno ce capiva gnente.

Er decimo giurato solamente
restava co’ la fronte pensierosa
e scriveva ogni tanto quarche cosa
come d’un dubbio che ci avesse in mente.

Ma, sia pe’ distrazzione o che so io,
a un certo punto prese e stracciò er fojo
e lo buttò vicino ar posto mio.

Io l’ariccorsi per curiosità;
ci aveva scritto: Zucchero, petrojo,
ova, patate, strutto e baccalà.…

Naturalmente l’esito, dopo la lunga e pensosa camera di consiglio, è stato … un rinvio a giudizio de plano.

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