Appropriazione indebita dell’amministratore di condominio: momento della consumazione (di Vincenzo Giglio)

Secondo Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 20488/2024, udienza del 17 aprile 2024, il reato di appropriazione indebita, commesso dall’amministratore di condominio che distragga le risorse finanziarie delle quali dispone in ragione del suo incarico, deve ritenersi consumato solo alla data del rendiconto finale della gestione.

Non si può, infatti, altrimenti individuare e distinguere le risorse destinate alle esigenze del condominio da quelle distratte in favore del proprio illecito arricchimento, atteso anche che il momento in cui i delitti istantanei di appropriazione indebita si consumano coincidono solitamente con il rifiuto di restituzione o di rendere il conto degli ammanchi. In caso di detenzione del bene giustificata ab origine dalla qualità di amministratore della res comune, l’appropriazione indebita non si realizza neppure in concomitanza con la risoluzione del rapporto di prestazione d’opera, ma si perfeziona nel momento in cui il detentore manifesta la volontà di detenere il bene uti dominus, non restituendo, senza alcuna giustificazione, il bene o il denaro che gli viene richiesto (si vedano Sez. 2, n. 46744, del 19/9/2018, Rv. 274650; Sez. 2, n. 40870, del 20/6/2017, Rv. 271199; Sez. 2, n. 25282, del 31/5/2016, Rv. 267077; Sez. 5, n. 1670, del 8/7/2014, Rv. 261731; Sez. 2, n. 29451, del 17/5/2013, Rv. 257232).

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