L’avviso di fissazione udienza innanzi alla Corte di cassazione (di Alessandro Casano)

La disciplina dell’udienza innanzi alla Corte di cassazione è disciplinata dall’art. 611 cpp (recentemente modificato dalla Riforma Cartabia): l’udienza si svolge, di regola, in camera di consiglio e senza l’intervento delle parti sulla base di un contraddittorio cartolare.

Il procuratore generale, fino a quindici giorni prima dell’udienza, presenta per iscritto le sue conclusioni e le parti possono presentare motivi nuovi, memorie e, fino a cinque giorni prima dell’udienza, memorie di replica.

La riforma Cartabia ha anche previsto che, su richiesta delle parti o anche d’ufficio, può essere disposta la trattazione in udienza pubblica o in camera di consiglio partecipata (art. 611 cpp commi 1 bis, 1 ter e 1 quater).

La trattazione in pubblica udienza o in camera di consiglio partecipata richiesta dalle parti

Il procuratore generale e i difensori possono richiedere la trattazione in pubblica udienza o la trattazione in camera di consiglio con la loro partecipazione, entro il termine perentorio di dieci giorni dalla ricezione dell’avviso di fissazione udienza.  

La Suprema Corte, quando ritiene ammissibile la richiesta, dispone che l’udienza si svolga con la partecipazione del procuratore generale e dei difensori e ne fa dare avviso alle parti.

La trattazione in pubblica udienza o in camera di consiglio partecipata disposta d’ufficio

La Corte di cassazione, tenuto conto della rilevanza delle questioni sottoposte, può sempre disporre ex art. 611 comma 1-quater l’udienza pubblica o in camera di consiglio partecipata.

In tal caso, la Corte ne dà comunicazione alle parti con l’avviso di fissazione dell’udienza.

Quella sopradescritta è la disciplina generale che emerge dalla nuova formulazione dell’art. 611 cpp secondo cui le udienze innanzi alla Suprema Corte devono svolgersi, di regola, in camera di consiglio non partecipata.

La prassi

La Corte di cassazione, nella predisposizione degli avvisi di fissazione udienza, sembra non aver tenuto conto delle modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia.

Gli unici avvisi di fissazione udienza in camera di consiglio non partecipata sono, infatti, solo ed esclusivamente quelli emessi dalla settima sezione.

Tutte le altre sezioni fanno, invece, notificare avviso di fissazione di “pubblica udienza” o secondo i casi, avviso per l’udienza in “camera di consiglio con le forme previste dall’art. 127 cpp”; e ciò anche se l’udienza non sarà affatto pubblica e le parti non potranno partecipare se non ne fanno espressa richiesta.

Va aggiunto che gli avvisi non contengono alcuna indicazione – come pure sarebbe opportuno – in ordine alla possibilità delle parti di richiedere, entro dieci giorni, la trattazione orale. 

Considerazioni

Le indicazioni contenute negli avvisi (“pubblica udienza” o “camera di consiglio con le forme previste dall’art. 127 cpp”) e l’omessa indicazione della possibilità di richiedere la trattazione orale appaiono fuorvianti e non rispettose del dettato normativo.

Il difensore, infatti, potrebbe legittimamente ritenere che la Corte abbia ritenuto la questione di particolare rilevanza e abbia, d’ufficio, fissato l’udienza pubblica come previsto dall’art. 611 comma1 quater; mentre, invece, anche nei casi in cui il difensore riceve la notifica di fissazione pubblica udienza, se vuole che l’udienza sia, effettivamente, pubblica deve – entro dieci giorni – richiedere la trattazione in pubblica udienza (art. 611 comma 1-bis).      

Sfugge il senso di tale intricata e macchinosa procedura e, al tempo stesso, stupisce che il “vertice della giurisdizione ordinaria”, sempre piuttosto esigente nel rispetto delle forme, possa predisporre avvisi che sembrano contrastare con il dato normativo.

Lo stupore è destinato ad aumentare se si pensa che, proprio qualche settimana fa, la terza sezione della cassazione, con la sentenza 20575/2024, aderendo ad un’interpretazione piuttosto formale e, verrebbe da dire, sproporzionata rispetto allo scopo dell’atto, ha ritenuto -in tema di richiesta di trattazione orale avanzata dal difensore- che “non può ritenersi validamente presentata una istanza di trattazione orale contenuta nell’atto di impugnazione”.

La Corte, infatti, aderendo ad un’interpretazione formalistica e letterale della norma ha ritenuto che l’istanza di trattazione orale debba essere proposta solo dopo la fissazione dell’udienza e non prima con l’atto di impugnazione.  Lo stesso rigore formale, evidentemente, non è richiesto per gli avvisi di fissazione udienza predisposti dalla Suprema Corte.

Torna in mente quella celebre favola di Fedro “peras imposuit Iuppiter nobis duas…”.