Prendi cinque avvocati in attesa nella sala colloqui di Regina Coeli ed ecco venir fuori un confronto stimolante, in cui ognuno porta la sua esperienza e il suo punto di vista.
Si affronta una questione piuttosto nuova e mancano interpretazioni consolidate che poi, se anche ci fossero, non potrebbero ostacolare cinque intelletti in libera uscita.
Il tema è la sentenza in abbreviato impugnata dal pubblico ministero e la domanda è se la riduzione di un sesto della pena prevista dall’articolo 442 comma 2-bis, cod. proc. pen., si applica anche in caso di appello incidentale del difensore.
La lettera della norma sembrerebbe esigere la radicale mancanza dell’impugnazione – e soltanto essa – che, determinando l’effetto deflattivo perseguito, integra il presupposto necessario per fruire della riduzione ulteriore della pena contemplata dal comma 2-bis citato.
Conferma tale approdo – ma veramente ho scritto questa parola? Non riesco a crederci, il mio linguaggio si sta smarrendo tra le nebbie che emanano dal Palazzaccio – la scelta che la norma ha operato per individuare il giudice competente a sancire la riduzione e, conseguentemente, il procedimento occorrente per la relativa determinazione: a provvedere deve essere il giudice dell’esecuzione e ciò richiede ovviamente la previa instaurazione del procedimento esecutivo, secondo le forme sue proprie che, in questa sede, non serve approfondire.
Certo è che la norma, avendo previsto l’esclusiva competenza del giudice dell’esecuzione per l’applicazione della riduzione, corrobora l’approdo ermeneutico – e daje, ma che mi sta succedendo? – secondo cui soltanto la mancanza dell’impugnazione avverso la sentenza di primo grado integra la condizione legittimante la riduzione stessa.
Se il legislatore avesse inteso applicare questa riduzione premiale alla diversa fattispecie della rinuncia all’impugnazione già proposta, non avrebbe incontrato ostacolo ad individuare il giudice competente per l’applicazione di essa nello stesso giudice della cognizione che vi avrebbe provveduto nel medesimo contesto provvedimentale dichiarativo dell’inammissibilità sopravvenuta dell’impugnazione.
In tale ottica la Cassazione sezione 1 con la sentenza numero 51180/2023 ha stabilito che la riduzione di un sesto della pena consegue solo alla mancata impugnazione e non anche alla rinuncia di quella già presentata definitiva.
Ciò perché alla mancata impugnazione non può equipararsi la rinuncia all’impugnazione già proposta, poiché essa – non determinando l’effetto pienamente deflattivo perseguito dal riformatore – non è stata ritenuta condizione adeguata ad assicurare all’imputato rinunciante il conseguimento del beneficio in esame.
Ma tutto questa non sembra poter inficiare la possibilità di ottenere la riduzione della pena da parte di chi, senza aver “proposto impugnazione contro la sentenza di condanna”, si limita a contrastare l’iniziativa del PM in ordine alla modifica del titolo di reato operato in sentenza di primo grado.
In via astratta l’appello incidentale è solo una reazione difensiva ad una iniziativa subita e non voluta e non produce direttamente “un aggravio dell’appello” che c’è stato solo ed esclusivamente per iniziativa del PM.
In caso contrario ci sarebbe una disparità di trattamento con gli altri che non subiscono l’appello altrui e si potrebbe al limite sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 442 comma 2-bis c.p.p. nella parte in cui non estende lo sconto anche a questa eventualità.
Ecco, di questo hanno dibattuto cinque avvocati, ed è anche per questo che vale ancora la pena fare questo mestiere.
