Legittima difesa: la configurabilità in un contesto malavitoso (di Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 1 con la sentenza numero 21577/2024 ha esaminato la configurabilità della legittima difesa mentre si versa in una situazione illecita o nell’atto di commettere un reato.

La Suprema Corte ha stabilito che a prescindere dalla situazione lecita o contra legem in cui è insorto il “pericolo attuale di un’offesa ingiusta“, l’azione lesiva integrante gli estremi di un reato posta in essere per neutralizzarlo è giustificata ai sensi dell’art. 52 cod. pen. solo se il suo autore è costretto a compierla per finalità esclusivamente difensive, che non ricorrono se egli stesso ha dato ab initio causa alla specifica situazione pericolosa o l’ha, comunque, affrontata accettando il rischio di subirne gli effetti.

La Cassazione ricorda che l’art. 52, primo comma, cod. pen., il cui testo è rimasto immodificato anche dopo i più recenti interventi normativi, nel disciplinare la causa di giustificazione della legittima difesa, ne individua tre elementi costitutivi: il pericolo attuale di un’offesa ingiusta ad un diritto proprio o altrui, sinteticamente definito aggressione ingiusta; la necessità di reagire a scopo difensivo, detta anche difesa necessitata o reazione legittima, e, infine, la proporzione tra la difesa e l’offesa.

Secondo l’interpretazione costante della giurisprudenza di legittimità, mentre l’aggressione ingiusta deve concretarsi nel pericolo attuale di un’offesa così concreta e imminente da sfociare, se non neutralizzata tempestivamente, nella lesione di un diritto (personale o patrimoniale) tutelato dalla legge, la reazione legittima implica l’inevitabilità del pericolo, tale da rendere priva di alternative l’aggressione quale rimedio per neutralizzare l’offesa, con conseguente impossibilità di attribuire rilevanza esimente ad ogni ipotesi di difesa non solo preventiva o anticipata (ex plurimis, più di recente Sez. 1, n. 51262 del 13/06/2017,Cali,Rv. 272080), ma anche attuata nella ragionevole previsione di determinare una reazione aggressiva o comunque nella volontaria accettazione di una situazione di pericolo che si è contributo a determinare (cfr. Sez. 1, n. 1630 del 7/10/1981, dep. 1982, Rv. 152323, Trovato, Sez., 1, n. 6917 del 04/05/1992, Rv. 190565 – 01 e più di recente Sez. 1, n. 37289 del 21/06/2018, Rv. 273861; Sez. 1, n. 52617 del 14/11/2017, Rv. 271605; Sez. 1, n. 56330 del 13/09/2017, Rv. 272036; Sez. 1, n. 2654 del 09/11/2011, Rv. 251834; Sez. 1, n. 2911 del 07/12/2007, Rv. 239205) e che poteva essere evitata allontanandosi dal luogo senza pregiudizio e disonore (Sez. 1, n. 18926 del 10/04/2013; Sez. 1, n. 5697 del 28/01/2003, Rv. 223441). La determinazione volontaria dello stato di pericolo, pertanto, esclude la configurabilità della legittima difesa non per la mancanza del requisito dell’ingiustizia dell’offesa, ma per difetto del requisito della necessità della difesa, che è inconciliabile con la previsione del pericolo e la libera accettazione di esso.

È la stessa formulazione dell’art. 52 cod. pen. – “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere” – ad escludere espressamente dall’orizzonte applicativo della legittima difesa, anche nella forma putativa, qualsiasi caso di volontaria determinazione di una situazione di pericolo o di sua accettazione.

Non può dirsi “costretto” a ricorrere in via eccezionale all’autotutela chi, pur reagendo ad un’offesa ingiusta, ha comunque consapevolmente e deliberatamente creato o accettato l’alternativa conflittuale alla quale si è liberamente si esposto, per esempio innescando una sorta di duello o sfida contro il suo avversario o attuato una spedizione punitiva nei suoi confronti (Sez. 1, n. 12740 del 20/12/2011, Rv. 252352).

In siffatte ipotesi difetta, in radice, il requisito della convinzione – sia pure erronea – di dover agire per scopo difensivo.

In applicazione dei rammentati principi, la legittima difesa viene, di regola, esclusa in caso di rissa.

Infatti, i corrissanti sono ordinariamente animati dall’intento reciproco di offendersi ed accettano la situazione di pericolo nella quale volontariamente si pongono, con la conseguenza che la loro difesa non può dirsi necessitata (Sez. 5, n. 32381 del 19/02/2015, Rv. 265304; Sez. 5, n. 4402 del 09/10/2008, Rv. 242596; Sez. 5, n. 7635 del 16/11/2006, Rv. 236513).

L’unica eccezione è il caso del corrissante che abbia reagito ad un’azione assolutamente imprevedibile e sproporzionata, ossia ad un’offesa che, per essere diversa e più grave di quella accettata, si presenti del tutto nuova, autonoma ed in tal senso ingiusta (Sez. 5, n. 36143 del 11/04/2019, Rv. 277030 – 01)

L’orientamento giurisprudenziale che esclude la configurabilità della legittima difesa nel caso di pericolo volontariamente causato o accettato non implica l’automatica e discriminatoria esclusione dell’esimente in favore di chi abbia fatto ricorso all’autodifesa per tutelare un bene primario, principalmente l’integrità fisica, propria o altrui, mentre versava in una situazione illecita o nell’atto di commettere un reato.

A prescindere dal contesto lecito o illecito in cui è insorto il “pericolo attuale di un’offesa ingiusta”, l’azione lesiva integrante gli estremi di un reato posta in essere per neutralizzarlo è giustificata ai sensi dell’art. 52 cod. pen. solo se il suo autore è costretto a compierla per finalità esclusivamente difensive, che non ricorrono se egli stesso ha dato ab initio causa alla specifica situazione pericolosa o l’ha, comunque, affrontata accettando il rischio di subirne gli effetti.

In entrambe tali situazioni, infatti, l’agente è animato da intenti aggressivi, anche se reciproci a quelli della vittima, che non possono essere tutelati dall’ordinamento e, con la sua condotta, realizza una forma di difesa di beni giuridici, anche di rilevante importanza, che non è però necessitata perché evitabile in radice.

La legittima difesa, quindi, sarà invocabile, per restare agli esempi citati nel ricorso, da chi difende la sua integrità fisica messa imprevedibilmente a repentaglio da un’azione violenta posta in essere dalla persona con cui è in procinto di stipulare un accordo corruttivo o dallo spacciatore che venga aggredito da terzi che cercano di rapinarlo dello stupefacente detenuto , mentre l’esimente non potrà essere applicata a chi, sempre nell’ambito di un rapporto illecito, sceglie liberamente di partecipare armato ad un “incontro chiarificatore” o ad un “regolamento di conti”, temendo azioni ritorsive o comunque violente da parte dei soggetti con cui dovrà interloquire e prevedendo concretamente per contrastarle l’uso dell’arma (in questo senso Sez. 1, n. 2654 del 09/11/2011, dep. 2012, Rv. 251834 – 01, con riferimento ad un omicidio ed un tentato omicidio avvenuti nell’ambito di un conflitto a fuoco).