Difensore di fiducia: la nomina può essere desunta anche da comportamenti concludenti idonei a documentare l’esistenza di un rapporto fiduciario (di Vincenzo Giglio)

Secondo Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 9914/2024, udienza del 2 febbraio 2024, in tema di formalità per la nomina del difensore l’art. 96 cod. proc. pen. non costituisce una norma inderogabile, ma tipicamente ordinatoria e regolamentare, suscettibile, pertanto, di una interpretazione ampia ed elastica in bonam partem, con la conseguenza che i comportamenti concludenti idonei a documentare la riferibilità della nomina all’imputato costituiscono elementi sintomatici dell’esistenza di un rapporto fiduciario tra lo stesso imputato e l’avvocato che ha svolto di fatto le funzioni di difensore (così, Sez. 1, n. 11232 del 18/02/2020, Rv. 278815- 02; Sez. 3, n. 47133 del 24/04/2018, Rv. 274323-01).

In definitiva, per il corretto svolgimento del rapporto processuale, è essenziale che l’autorità giudiziaria acquisisca la certezza che la parte interessata abbia manifestato realmente la volontà di conferire al professionista l’incarico di difenderla.

Non è, invece, essenziale che essa sia espressa, ben potendo ugualmente raggiungere lo scopo una manifestazione tacita di volontà attraverso comportamenti concludenti. In altre parole, in omaggio al favor defensionis, che ispira la disciplina del processo, il termine «dichiarazione» contenuto nell’art. 96 cod. proc. pen., va interpretato estensivamente come «manifestazione di volontà», che può essere espressa o tacita (così, in motivazione, Sez. 3, n. 17056 del 26/172006, Rv. 234188).

Tale ultima affermazione, si ritiene (così, Sez. 1, n. 39235 del 14/3/2014, Rv. 260513), costituisce il logico sviluppo di quanto affermato, sia pure con riferimento ad una tematica in parte diversa, e, precisamente, in tema di nomina del difensore del querelante, da Sez. Un., n. 26549 dell’11/7/2006, Rv. 233974 che, in motivazione, ha evidenziato che «se una dichiarazione della parte costituisce – per espresso disposto dell’art. 96, comma 2, cod. proc. pen. – il requisito fondamentale per la validità della nomina del difensore, essa non necessita di formule sacramentali come quelle richieste dall’art. 83 cod. proc. civ. per la procura alle liti e ciò in quanto la disciplina prevista dall’art. 96 cod. proc. pen. si distingue da quella del codice di procedura civile per una maggiore duttilità, conseguente alle differenze tra i due tipi di processo: è, quindi, sufficiente – ai fini della validità della nomina del difensore del querelante – che quest’ultimo abbia chiaramente manifestato, con una sua dichiarazione, la volontà di essere assistito da un determinato avvocato».

Nella fattispecie, il ricorrente aveva nominato l’Avv. L. difensore di fiducia dinanzi ai Carabinieri di G., in sede di escussione ai sensi dell’art. 350 cod. proc. pen. su delega della Procura di M., come risulta dal relativo verbale del 5 ottobre 2018, sottoscritto dall’interessato e trasmesso all’autorità giudiziaria delegante; atto di non equivoco tenore circa il conferimento del mandato al professionista. Inoltre, in virtù di tale nomina, l’Avv. L., nella dichiarata qualità di difensore di fiducia, aveva richiesto in data 3 novembre 2018 il certificato di cui all’art. 355 cod. proc. pen., rilasciato dalla Procura di M. che nulla aveva obiettato circa la legittimazione del professionista a presentare istanza in nome e per conto del ricorrente, in relazione al procedimento in fase di indagine.

Una sequenza, quella appena descritta, certamente idonea a configurare una chiara manifestazione di volontà dell’imputato in ordine alla nomina del suddetto difensore di fiducia, al quale doveva essere, quindi, notificato l’avviso di conclusione delle indagini, ai sensi dell’art. 415 cod. proc. pen.