Cassazione penale, Sez. 3^, sentenza n. 10234/2024, udienza del 25 gennaio 2024, ha ricordato gli oneri dimostrativi derivanti dal principio di autosufficienza e i limiti del giudizio di legittimità allorché il richiedente proponga una valutazione alternativa delle prove.
Il principio di autosufficienza impone a pena di inammissibilità, allorquando si lamenti l’esistenza di atti processuali non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato ovvero non correttamente od adeguatamente interpretati dal giudicante, di: a) identificare l’atto processuale cui fa riferimento; b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché della effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale “incompatibilità” all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 45036 del 02/12/2010 – dep. 22/12/2010, Rv. 249035).
Tra le doglianze proponibili quali mezzi di ricorso, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., non rientrano quelle relative alla valutazione delle prove.
Si richiama a tal fine il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il compito del giudice di legittimità non è quello di valutare ex novo le emergenze processuali sulle quali i giudici di merito hanno fondato il proprio convincimento così da rendere un terzo grado di giudizio, operazione vieppiù inibita allorquando il ricorso non contenga alcuna specifica indicazione degli atti asseritamente attestanti il dato probatorio la cui esistenza è asserita nel ricorso, che non può certamente essere integrata dal rinvio al fascicolo processuale costringendo il giudice di legittimità ad una lettura totale degli atti, ma quello di stabilire, dovendo il controllo di logicità e di contraddittorietà rimanere all’interno del provvedimento impugnato, se il giudice di merito abbia fornito una corretta interpretazione di esse, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbia esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta dì determinate conclusioni a preferenza di altre (si confronti, tra le tante, Sez. 6, sentenza n. 5465 del 04/11/2020, Rv. 280601).
