Franco Coppi e la sentenza “con deliberazione differita” (di Riccardo Radi)

Il prof. Franco Coppi esercita la professione da 61 anni e tante anomalie del nostro sistema conosce ma ancora si stupisce delle prassi degenerative che quotidianamente imperversano nelle aule di giustizia.

Siamo in un tribunale della provincia di Roma davanti al giudice monocratico, il professore entra in aula e si accomoda in attesa del suo processo.

Ascolta interessato le argomentazioni difensive di un giovane collega e quando si conclude la discussione, alle parole del giudice che esclama: “bene avvocato differisco la lettura della sentenza alla fine dell’udienza”, alza il ciglio con espressione contrita.

Al giovane avvocato che si avvicina per ossequiarlo dice: “Prima o poi mi deciderò a scrivere un libro sulle tante nefandezze procedurali che ho ascoltato in tanti anni, la sentenza con deliberazione differita mi mancava”.

In realtà, caro professore, la prassi della sentenza con “deliberazione differita” è molto più diffusa di quanto si possa immaginare, in barba al principio della immediatezza della decisione prevista dall’articolo 525 c.p.p. che recita solennemente: “La sentenza è deliberata subito dopo la chiusura del dibattimento … Salvo quanto previsto dall’art. 528 c.p.p., la deliberazione non può essere sospesa se non in caso di assoluta impossibilità. La sospensione è disposta dal presidente con ordinanza”.

Le norme parlano chiaro ma le interpretazioni di comodo ci sono in molti tribunali, in principal modo davanti al giudice monocratico, è in uso raccogliere i procedimenti conclusi e procedere ad una unica camera di consiglio “differita” in tardo o tardissimo pomeriggio in dispregio del codice e degli avvocati e delle parti processuali ma così è.

Nessuno sembra che si disturbi più di tanto tranne il decano degli avvocati italiani.

Un commento

  1. Scusa, e i rinvii “per repliche” che poi ovviamente non ci sono, ed alla udienza successiva il giudice si ritira e dopo 1 minuto esce con la sentenza?

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