Cassazione penale, Sez. 4^, sentenza n. 16400/2024, udienza del 9 aprile 2024, ha ritenuto legittima l’acquisizione ad opera del tribunale, con i poteri attribuitigli dall’art. 507 cod. proc. pen., di atti non trasmessi dal PM.
Il PM è tenuto a trasmettere al GIP, ai sensi dell’art. 416, comma secondo, cod. proc. pen., l’intera documentazione raccolta nel corso delle indagini e la sanzione della violazione di tale obbligo va ravvisata nella inutilizzabilità degli atti non trasmessi (Cass., n. 9443 del 4/6/1993, RV. 196015).
Mentre, quanto agli obblighi del giudice, la norma di cui all’art. 526 cod. proc. pen. – coerente con l’intero sistema processuale – sancisce l’utilizzabilità, ai fini della decisione, delle prove “legittimamente acquisite”.
Peraltro, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che l’inutilizzabilità degli atti non trasmessi al GUP ovvero al giudice in caso di procedimento a citazione diretta permane finché gli stessi restano estranei al compendio probatorio acquisito al dibattimento e che detti atti possono essere acquisiti, e conseguentemente utilizzati, dal giudice del dibattimento ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen., attesa la natura sostanziale di tale norma che è diretta alla ricerca della verità, indipendentemente dalle vicende processuali che determinano la decadenza della parte al diritto alla prova.
A tanto va aggiunto che l’inutilizzabilità della prova consegue alla violazione delle norme che presiedono alla sua acquisizione (art. 191 cod. proc. pen.), talché al di fuori di tale ipotesi è escluso – in applicazione del principio di non dispersione dei mezzi di prova – che vi siano ostacoli normativi all’attivazione di rimedi surrogatori idonei ad assicurare l’utilizzo, ai fini della decisione, delle prove andate disperse fortuitamente, purché ciò avvenga con modalità tali da non compromettere la genuinità della prova e da assicurare il rispetto delle facoltà difensive (sul punto, Sez. 4, n. 27370 del 23/02/2005, Rv. 231730; Sez. 5, n. 21475 del 19/04/2021, Rv. 281376, in motivazione).
D’altra parte, la Suprema Corte ha anche precisato che il potere del giudice di disporre anche di ufficio l’assunzione di nuovi mezzi di prova, ove risulti assolutamente necessario, ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen., non può ritenersi limitato dalla violazione del principio della discovery che opera solo nei rapporti fra le parti e non invece quando si tratti di prove ritenute necessarie dal Tribunale nel corso dell’istruttoria dibattimentale (Sez. 2, n. 13938 del 18/02/2014, Rv. 259710; Sez. 2, n. 7802 del 08/10/2019, dep.2020, Rv. 278630- 02; relativa a fattispecie nella quale la Corte ha considerato legittimamente acquisiti dal giudice gli atti ed i documenti che il PM non aveva ritenuto di depositare nel fascicolo trasmesso all’atto della richiesta di giudizio immediato).
Va quindi ritenuto che – nel caso di specie – il provvedimento di acquisizione emesso ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen non abbia concretizzato la denunciata lesione del diritto di difesa conseguente all’acquisizione officiosa del verbale del consenso informato finalizzato all’espletamento degli esami ematici e strumentale alla verifica della sussistenza del previo avviso richiesto dall’art. 114, disp. att., cod. proc. pen.
