Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 16354/2024, udienza del 19 marzo 2024, ha chiarito gli effetti della dichiarazione di astensione parziale di componenti della Corte d’appello.
I ricorrenti hanno eccepito la nullità del provvedimento con il quale la Corte territoriale, in conseguenza della dichiarazione di astensione di due suoi componenti in relazione ad alcuni soltanto dei capi di imputazione, ha disposto la separazione dei capi medesimi dal procedimento originariamente unitario che li riguardava, la formazione di un autonomo fascicolo processuale da iscrivere nei loro confronti per i relativi reati, la trasmissione degli atti al presidente della Corte per gli atti di sua competenza e il rinvio del procedimento così separato.
Riconosciuto il loro interesse ad impugnare il predetto provvedimento, la questione necessita tuttavia di un corretto inquadramento giuridico, posto che è stata definita in termini fuorvianti dalla Corte territoriale e censurata dai ricorrenti per profili erronei, incentrati sulla violazione dell’art. 18 cod. proc. pen., con la conseguenza che il motivo è comunque infondato.
È evidente che un provvedimento del genere è astrattamente abnorme perché i giudici al momento della sua adozione non erano stati autorizzati ad astenersi e se l’istanza non fosse stata accolta – come era possibile, trattandosi di decisione non vincolata ma rimessa alla discrezionalità del presidente della Corte, al quale gli atti erano stati a tal fine trasmessi – si sarebbe determinata una stasi del processo oggetto di separazione: la dichiarazione di astensione, cioè, per un verso sarebbe stata vanificata e, per altro, avrebbe causato l’impossibilità di definizione del giudizio, per i capi ai quali era riferita l’astensione, da parte del collegio dinanzi al quale si era incardinato, atteso il principio secondo cui nessuno può essere distolto dal giudice naturale.
Tale situazione di stasi, tuttavia, non si è in concreto verificata perché non risulta che l’istanza di astensione sia stata disattesa, dovendosi presumere, invece, il contrario, in quanto le parti hanno fatto riferimento in sede di discussione alla pendenza del processo separato presso la Corte di appello, in attesa della decisione della Cassazione, senza eccepire l’impossibilità di prosecuzione per questioni attinenti all’organo decidente o dedurre il diniego dell’autorizzazione all’astensione.
Ricostruita la questione nei termini che precedono, l’ordinanza impugnata ha, in definitiva, anticipato gli effetti del provvedimento di cui all’art. 36, comma 3, cod. proc. pen. (la decisione del presidente della Corte di appello), che, legittimando i giudici ad astenersi dal compiere ulteriori atti del procedimento, ha consentito la formazione di un diverso collegio giudicante, in relazione al processo avente ad oggetto quei capi d’imputazione per cui si era ritenuta sussistente la causa di incompatibilità. Ha ritenuto a riguardo la giurisprudenza di legittimità, con argomentazioni condivisibili, che un’astensione parziale non è preclusa da alcuna norma ma costituisce statuizione obbligata dell’organo decidente, poiché l’accoglimento della dichiarazione di astensione non può che essere riferito alla prospettata causa di incompatibilità nei suoi limiti oggettivo e soggettivo, con la conseguenza che la separazione (o stralcio di alcune posizioni) non integra il provvedimento ex art. 18 cod. proc. pen. ma costituisce rimedio utile per un verso a realizzare gli effetti dell’astensione nei limiti autorizzati e, per altro, a consentire la prosecuzione del processo in ordine alle altre posizioni (Sez. 6, n. 313 del 29/09/1999, dep. 2000, Rv. 216404; in tal senso, anche Sez. 1, n. 9142 del 10/06/1999, Rv. 214012; in seguito, sez. 1, n. 42121 del 30/10/2008, n. m.).
In definitiva, la separazione dei processi in esame si pone al di fuori dell’ambito applicativo dell’art. 18 cod. proc. pen., dovendosi inquadrare nel contesto dell’istituto processuale dell’astensione, di cui agli artt. 36 e 42 cod. proc. pen., come rimedio utile (e, pertanto, legittimo) per far fronte alla diversità di situazioni decisorie venutesi a creare.
