Confisca di prevenzione: legittima se nella stessa attività sociale riconducibile ad un soggetto pericoloso si confondono risorse lecite e risorse illecite (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 16485/2024, udienza del 10 aprile 2024, ha affermato che la confusione nell’ambito della stessa attività sociale di risorse lecite e risorse illecite da parte di un soggetto ritenuto pericoloso generico, in quanto stabilmente dedito alla consumazione di reati produttivi di profitti, costituiti da violazioni fiscali reiterate nel tempo, giustifica la confisca di prevenzione dell’intera attività.

La confisca di prevenzione, anche in ipotesi di  pericolosità generica, si estende, quando ricorra un’attività d’impresa esercitata in forma societaria e con strutture imprenditoriali complesse, a tutto il patrimonio aziendale ed all’insieme delle quote nella disponibilità del proposto, anche se formalmente intestate a terzi, ove sia dimostrato che la costituzione delle società ovvero l’acquisizione, anche in via di fatto, delle relative partecipazioni siano strumentali al perseguimento di attività illecite, poiché in tal caso è l’attività economica nel suo complesso, gestita dal soggetto pericoloso, a costituire un fattore patogeno ed inquinante del mercato per la permanente immissione di profitti illeciti che si autoalimentano e confondono con quelli leciti (Sez. 2, n. 31549 del 06/06/2019, Rv. 277225 – 07).

L’applicazione del sopra esposto principio al caso in esame, comporta affermare che correttamente i giudici di merito procedevano alla confisca dell’intera attività societaria; il giudice di appello, sul punto, ha svolto ampie e diffuse argomentazioni per spiegare la reiterata violazione dei principi in tema di normativa fiscale e l’illecita confusione dei patrimoni personali e societari, che determinava una costante reiterazione di condotte di appropriazione indebita.

In particolare, traendo le conclusioni del lungo ragionamento svolto, si sottolinea come “A fronte di una sistematica attività illecita commessa dal proposto, e della mancanza di documentazione idonea a tracciare il flusso di denaro da una società ad un’altra, e tra esse e i conti personali del proposto, si è prodotta quella confusione tale da non consentire la ripartizione tra risorse lecite ed illecite” con conseguente applicazione della misura ablativa all’intero gruppo societario; tale valutazione, appare proprio esente dalla lamentata censura, in ragione della giurisprudenza già citata della Suprema Corte che afferma la legittimità della confisca totale ove sia accertato un costante reinvestimento nelle attività sociali di profitti illeciti, nel caso di specie derivanti da violazioni fiscali e da ripetute condotte di appropriazione indebita.

Ed ancora, in tema di misure di prevenzione, il terzo titolare di una quota, sia pur minima di partecipazione in una società oggetto di confisca in quanto nella disponibilità del proposto, soggetto pericoloso generico, al fine di opporsi all’ablazione deve dimostrare non tanto di avere avuto la capacità economica di acquistare tale quota, quanto di avere effettivamente esercitato i propri diritti di socio, ovvero, nel caso in cui abbia, altresì, ricoperto il ruolo di amministratore, di avere gestito in modo autonomo la società e di essere estraneo al complessivo illecito “programma” riferibile al proposto (Sez. 2, n. 31549 del 06/06/2019, Rv. 277225 – 09).