Cassa delle Ammende, chi ha il pane non ha i denti? (di Francesco Buonomini)

Nell’articolo pubblicato il 18 marzo scorsosempre su Terzultima Fermata affrontammo il fenomeno delle dichiarazioni d’inammissibilità dei ricorsi per cassazione in materia penale (consultabile qui ) evidenziando come con la “suprema tagliola” negli ultimi 10 anni dal 2012 al 2022, su un totale di 566.570 procedimenti definiti ben 379.147 sono stati dichiarati inammissibili, ossia circa il 67% del totale.

Come noto, ai sensi dell’art. 606 del codice di rito, alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da euro 258 a euro 2.065, che può essere aumentata fino al triplo, tenuto conto della causa di inammissibilità del ricorso.

Ne deriva che all’ingente numero di ricorsi inammissibili, e a volte anche di quelli rigettati, corrisponde un cospicuo importo a titolo di ammende destinato all’apposita cassa.

A quanto ammontino esattamente le somme che annualmente confluiscono nella Cassa Ammende a seguito delle decisioni della Corte di cassazione non è stato possibile accertarlo, almeno allo scrivente, a causa dell’assenza di dati nell’archivio di Piazza Cavour, della variabilità degli importi delle condanne e dell’incertezza della riscossione e dei suoi tempi.

Dal Rendiconto generale sulla gestione – esercizio 2022 della Cassa delle Ammende approvato con Decreto del 09 agosto 2023 del Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, ultimo disponibile, emergono, però, alcuni elementi interessanti soprattutto relativamente alla destinazione prevista per le somme ricavate.

Dal lato delle entrate va premesso che la Cassa delle Ammende non svolge alcuna attività di accertamento, riscossione e versamento ma è solo destinataria delle risorse il cui versamento è imposto dalle molteplici fonti normative, tra cui, ovviamente, l’art. 606 citato.

La stragrande maggioranza delle entrate consiste in proventi da multe, ammende, sanzioni e oblazioni a carico delle famiglie che nell’anno 2022 sono stati pari ad € 16.959.455,76 ben oltre alla quota prevista di € 7.000.000.

Sul versante delle uscite va evidenziato un costo della gestione dell’Ente di poco superiore ad € 30.000,00 per indennità e compensi degli organi amministrativi e di controllo posto che la struttura ha la propria sede presso il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e si avvale dei suoi beni, dei suoi servizi e del suo personale ai sensi dell’art. 13, comma 2, dello Statuto.

Gli importi complessivi Trasferimenti passivi a Ministeri e Regioni nell’anno 2022sono stati pari ad € 12.686.955,00 e costituiscono la categoria di spesa prevalente e maggiormente rappresentativa della Cassa delle Ammende, espressione delle finalità istituzionali costituite dal finanziamento di programmi e progetti esplicitati dall’art. 2, comma 2, lettere a), b), c), d) dello Statuto, con una considerevole differenza rispetto alle previsioni iniziali di € 37.313.045,00.

Da una rapida lettura dei dati, rimandando ogni approfondimento al Rendiconto per l’anno 2022, emerge che a fronte di entrate per complessivi € 18.767.980,85 a cui vanno aggiunti altri proventi finanziari per € 1.193.215,48 per un totale di € 19.961.196,30 solo €12.686.955,00 sono stati destinati ai progetti istituzionali.

Come noto, le risorse della Cassa sono istituzionalmente destinate in favore dei soggetti in esecuzione pena e possono finanziare interventi di inclusione sociale e/o occupazionale, formazione professionale realizzati anche mediante lo sviluppo di iniziative di collaborazione con il territorio; programmi di assistenza ai detenuti, agli internati o alle persone in misura alternativa alla detenzione o soggette a sanzioni di comunità e alle loro famiglie, contenenti, in particolare, iniziative a tutela della prole delle persone in esecuzione penale, nonché di recupero dei soggetti tossicodipendenti o assuntori abituali di sostanze stupefacenti o psicotrope o alcoliche, di integrazione degli stranieri sottoposti ad esecuzione penale, di cura ed assistenza sanitaria;  iniziative educative, culturali e ricreative e/o mirate alla promozione della cittadinanza attiva; interventi di edilizia penitenziaria;  programmi di giustizia riparativa; progetti di pubblica utilità.

Ebbene, nonostante la variegata e necessaria miriade di attività esperibili, le risorse effettivamente spese e, quindi, i progetti concretamente intrapresi sono di gran lunga inferiori a quelli che i mezzi finanziari esistenti permetterebbero.

Sostanzialmente, come in molti ambiti della politica economica italiana, non si riesce, incredibilmente, a spendere tutto il denaro pubblico disponibile.                                                  

La differenza tra entrate ed uscite è andata ad incrementare, come ogni anno, l’attivo circolante che al 31 dicembre 2022 si trovava ancora in pancia alla Cassa delle Ammende con una disponibilità di liquidità per € 127.980.988,36.

Le ragioni per le quali quasi 130 milioni di euro non vengono spesi a fronte, invece, di un’urgente necessità di incrementare programmi di inclusione socio-lavorativa, formazione professionale qualificata e l’inserimento lavorativo, programmi di assistenza alle persone in esecuzione penale esterna, ma anche di interventi migliorativi delle strutture carcerarie, sono incisivamente spiegate nella Relazione al rendiconto 2022 redatta dal Collegio dei Revisori dei conti, allegato n.1 al rendiconto.

Ebbene, secondo i Revisori siamo in presenza di una problematica, invero strutturale da moltissimi anni, relativa alla cospicua presenza nel bilancio dell’Ente di somme non utilizzate, in progressivo incremento nel tempo, già segnalata dalla Corte dei conti sin dal lontano 2008.

Del resto, appare oltremodo eloquente, oltre che desolante, la circostanza che addirittura i fondi abbandonati dei detenuti dimessi che nel 2022 abbiano contribuito alle entrate annuali della Cassa superando quota € 510.000 e non esista un valido sistema per restituirli ai legittimi titolari, quanto meno sotto forma di compensazione con spese e/o oneri agli stessi addebitati a causa della detenzione subita.

In conclusione, quindi, con un’estrema semplificazione, la Corte di cassazione continua a mantenere altissimo e costante lo standard delle declaratorie di inammissibilità e relative condanne al pagamento di ammende che l’Agenzia delle Riscossioni, almeno in parte, riscuote ma che la Cassa delle Ammende non riesce a spendere, se non in parte, per gli scopi a cui sono destinate.

Rebus sic stantibus, come gli stessi revisori dei conti hanno evidenziato, appare inevitabile e necessario un intervento risolutivo che permetta al tesoretto della Cassa Ammende di essere speso in forma di progetti innovativi a favore di quella stessa categoria dei condannati che per lo più contribuisce ad alimentarlo.

Registriamo troppi suicidi in carcere, ritardi e disfunzioni nel sistema dell’esecuzione esterna, carenze di domicili idonei, lacunose possibilità lavorative e di reinserimento sociale effettivo, ma anche troppe condizioni inumane di detenzione e strutture fatiscenti, per poter continuare a permetterci di non spendere risorse che i documenti contabili rilevano esistenti.

Per chiudere il cerchio, quindi, ci si permetta banalmente ma drammaticamente di concludere che, nel caso di specie, è proprio il caso di dire che chi ha il pane non ha i denti.