Cassazione penale, Sez. 7^, sentenza n. 45621/2022, udienza del 15 novembre 2022, ha ribadito che l’individuazione, personale o fotografica, di un soggetto, compiuta nel corso delle indagini preliminari, costituisce una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta una specie del più generale concetto di dichiarazione, sicché la sua forza probatoria non discende dalle modalità formali del riconoscimento bensì dal valore della dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale, e non dalle formalità di assunzione previste dall’art. 213 cod. proc. pen. per la ricognizione personale, utili ai fini della efficacia dimostrativa secondo il libero apprezzamento del giudice (cfr., Sez. 5, sentenza n. 23090 del 10/07/2020, Rv. 279437; cfr. anche, Sez. 4, sentenza n. 7287 del 09/12/2020, Rv. 280598, in cui la Corte ha chiarito che l’individuazione fotografica non deve essere necessariamente preceduta, ai fini della sua validità, dalla descrizione delle fattezze fisiche della persona indagata, trattandosi di adempimento preliminare richiesto solo per la ricognizione di persona; cfr., ancora, Sez. 2, sentenza n. 9380 del 20/02/2015, Rv. 263302; Sez. 1, sentenza n. 47937 del 09/11/2012, Rv. 253885).
Il riconoscimento fotografico compiuto nel corso delle indagini preliminari è utilizzabile e idoneo a fondare l’affermazione di penale responsabilità, anche se non seguito da una formale ricognizione dibattimentale, nel caso in cui il testimone confermi di avere effettuato tale riconoscimento con esito positivo in precedenza, ed anche nel caso in cui affermi di non poterlo reiterare a causa del decorso di un apprezzabile lasso di tempo, atteso che l’individuazione di un soggetto, personale o fotografica, costituisce manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta una specie del più generale concetto di dichiarazione, la cui forza probatoria discende dal valore della dichiarazione confermativa, alla stregua della deposizione dibattimentale (cfr., così, in particolare. Sez. 2, sentenza n. 20489 del 07/05/2019, Rv. 275585; conf., Sez. 2, sentenza n. 11964 del 18/02/2021, Rv. 280994). Anche il riconoscimento dell’imputato presente, operato in udienza, nel corso della deposizione da parte del testimone, trova il suo paradigma nella prova testimoniale proveniente da un soggetto che, nel corso della testimonianza, abbia accertato direttamente l’identità personale dell’imputato dovendo perciò essere tenuto distinto dalla ricognizione personale, disciplinata dall’art. 213, ed è inquadrabile tra le prove non disciplinate dalla legge di cui all’art. 189 cod. proc. pen. (cfr., tra le tante, Sez. 1, sentenza n. 3642 del 03/12/2004, Rv. 230781; Sez. 5, sentenza n. 37497 del 13/05/2014, Rv. 260593; Sez. 2, sentenza n. 17336 del 29/03/2011, Rv. 250081).
