Componente del collegio penale che non si astiene pur avendo svolto funzioni di giudice delegato di un fallimento connesso al giudizio penale (di Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 2 con la sentenza numero 16392/2024 si è occupata di una vicenda anomala.

Nell’ambito di un procedimento penale la difesa “scopre” che il presidente del collegio giudicante ha svolto la funzione di giudice delegato del fallimento e si è pronunciato, secondo la prospettazione difensiva, sull’idem factum del processo principale, vale a dire sulla natura asseritamente usuraria del contratto stipulato con la società …

L’anomalia, a nostro avviso, è che il giudice non ha sentito la necessità di astenersi e di conseguenza la difesa ha dovuto presentare la ricusazione che è stata dichiarata tardiva per la mancata diligenza dell’avvocato che avrebbe dovuto consultare gli atti processuali.

Esaminiamo la decisione della Cassazione.

La Suprema Corte premette che secondo il disposto di cui al comma 2 dell’art. 38 cod. proc. pen., invocato dalla difesa, l’istanza di ricusazione risulta tardiva.

Si osserva in proposito che è lo stesso difensore che nel ricorso evidenzia che, nel preparare le repliche (non specifica in che data, ma in ogni caso dopo la mail del 14/4/2023), esaminando la sentenza di fallimento della ditta T.R., si avvedeva che giudice delegato era stato il dott. M., cognome questo che gli richiamava quello del presidente del collegio di cui alla e-mail della cancelleria di cui sopra.

Dunque, in data 18/5/2023 faceva contattare la cancelleria per conoscere i nominativi dei componenti del collegio giudicante, ricevendo la conferma che il presidente del collegio ed il giudice delegato nella procedura fallimentare erano la stessa persona.

Gli imputati non sarebbero potuti venire prima a conoscenza di tale circostanza, essendo estranei alla procedura fallimentare.

Ebbene, tutto questo il difensore e gli imputati avrebbero potuto apprenderlo all’udienza del 28/2/2023, se solo si fossero informati sulla composizione del collegio, anche in considerazione del fatto che – provenendo da altro foro – il difensore non aveva conoscenza dei consiglieri della Corte di appello.

Ed invero, la sentenza di fallimento – risultata decisiva per il difensore ai fini della richiesta degli atti della procedura fallimentare al legale dell’istituto di credito al quale facevano riferimento i due odierni ricorrenti – risulta depositata in atti dalla costituita parte civile già all’udienza 13/6/2017.

È vero che dalla sentenza di fallimento non era dato desumere l’atto pregiudicante, ma è altrettanto vero che già dal 28/2/2023 il difensore avrebbe potuto chiedere in visione gli atti della procedura fallimentare al legale della C. s.p.a. e non aspettare la preparazione delle memorie di replica per intuire che presidente del collegio giudicante e giudice delegato al fallimento erano la stessa persona.

In altri termini, detta conoscenza avrebbe potuto essere acquisita a distanza di pochi giorni dall’udienza del 28/2/2023 e non dopo quasi tre mesi.

Sul punto, giova evidenziare che l’istituto della ricusazione attiene alla imparzialità del giudice e che il legislatore ha previsto – a tutela delle esigenze di speditezza del processo – un sistema di termini finalizzato ad evitare che si creino situazioni di incertezza che possano pregiudicarne il corretto e celere svolgimento.