Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 16395/2024, udienza del 9 aprile 2024, ha individuato i rimedi esperibili contro la confisca allargata disposta in sede esecutiva.
In tema dei rimedi impugnatori straordinari proponibili avverso i provvedimenti di confisca allargata ex art. 240-bis cod. pen., le Sezioni unite con la sentenza Derouach hanno affermato che la confisca dei beni patrimoniali dei quali il condannato per determinati reati non sia in grado di giustificare la provenienza, prevista dall’articolo 12-sexies dl. 8 giugno 1992 n. 306, convertito in legge 8 agosto 1992 n. 356, come modificato dal d. l. 20 giugno 1994 n. 399, convertito in legge 8 agosto 1994 n. 501, può essere disposta anche dal giudice dell’esecuzione che provvede “de plano“, a norma degli articoli 676 e 667, comma 4, cod. proc. pen., ovvero all’esito di procedura in contraddittorio a norma dell’art. 666 dello stesso codice, salvo che sulla questione non abbia già provveduto il giudice della cognizione, con conseguente preclusione processuale (Sez. U, n. 29022 del 30/05/2001, Rv. 219221 – 01).
Disposta così la possibilità per il giudice dell’esecuzione di adottare dopo la sentenza definitiva di cognizione la confisca cd. allargata, è sorta la problematica di individuare i rimedi che possano essere esperiti avverso detto provvedimento, adottato dopo la conclusione definitiva del giudizio di accertamento della responsabilità per il cd. reato spia; invero, in via ordinaria, la stessa pronuncia ha previsto che l’interessato ed i terzi confiscati possano proporre opposizione ex art. 667 comma 4 cod. proc. pen. e, tuttavia, ci si è interrogati sulla possibilità di individuare anche rimedi straordinari di impugnazione avverso il provvedimento definitivo del giudice dell’esecuzione.
In questo senso, va però ricordato, che il riferimento normativo nel procedimento per la confisca allargata ex art. 240-bis cod. pen., non prevede l’applicazione dell’istituto della revocazione di cui all’art. 28 del d. lgs. 159/2011; in particolare, rileva l’espressa previsione contenuta nell’art. 104-bis disp. att. cod. proc. pen. al comma 1-quater secondo cui: “Ai casi di sequestro e confisca in casi particolari previsti dall’articolo 240 bis del Codice penale o dalle altre disposizioni di legge che a questo articolo rinviano, nonché agli altri casi di sequestro e confisca di beni adottati nei procedimenti relativi ai delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice, si applicano le disposizioni del titolo IV del Libro I del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159“.
Tali disposizioni sono quelle contenute negli articoli da 52 a 65 del suddetto decreto legislativo, intitolate alla tutela dei terzi ed ai rapporti con le procedure concorsuali senza che, viceversa, alcun richiamo alla disciplina della revocazione dettata dal precedente articolo 28 il legislatore abbia espressamente compiuto.
Presa d’atto di un conflitto interpretativo
…Indirizzo che ammette la revocabilità della confisca sulla base di prove nuove
Tale essendo il contenuto delle disposizioni di legge, sul piano giurisprudenziale si registra un orientamento favorevole ad introdurre un rimedio straordinario avverso le confische allargate ex 240-bis cod. pen., secondo cui la confisca disposta in sede esecutiva ai sensi dell’art. 12-sexies del d. l. 8 giugno 1992 n. 306, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 1992 n. 356 è suscettibile di revoca, purché con l’incidente proposto per la rimozione del provvedimento non vengano dedotte situazioni di fatto costituenti condizioni di legittimità della misura attinenti all’assenza di giustificazione circa la provenienza dei beni e al loro valore non proporzionato al reddito dichiarato o all’attività economica lecita del soggetto colpito – coperte dal giudicato di condanna – ma proposte prove nuove sopravvenute alla conclusione del procedimento, per tali dovendosi intendere anche quelle preesistenti, non valutate nemmeno implicitamente dal giudice (Sez. 1, n. 27367 del 28/01/2021, Rv. 281634-01).
In motivazione detta decisione, richiamando altro precedente, sottolinea in particolare che sarebbe “condivisibile il principio di diritto espresso in detta decisione (con possibile allegazione di nova anche da parte del destinatario della statuizione di confisca, al fine di ottenere la revoca ex tunc della misura di sicurezza), essenzialmente in ragione della progressiva assimilazione funzionale tra la confisca cd. estesa e la confisca di prevenzione (sul tema v. anche Corte cost. n.33 del 2018), il che pone la necessità di realizzare una interpretazione delle disposizioni vigenti in chiave costituzionalmente orientata, allo scopo di evitare evidenti disparità di trattamento tra situazioni analoghe“.
Tale intervento, richiama quale primo precedente favorevole, altra pronuncia (Sez. 1, n. 4196 del 09/01/2009, Rv. 242844-01) che aveva affermato detto principio della possibilità di dedurre prove nuove a seguito di confisca allargata disposta in sede esecutiva; in particolare detta pronuncia affermava che: “può altresì ammettersi che, allorché alla confisca di cui all’art. 12 sexies si proceda in sede esecutiva (sulla scorta di S.U. n. 29022 del 30.5.2001, Derouach), restano fuori dall’accertamento coperto dal giudicato di condanna (e suscettibile di revisione) le situazioni di fatto costituenti condizioni di legittimità della misura che attengono alla assenza di giustificazione in ordine alla provenienza dei beni e al loro valore non proporzionato al reddito dichiarato o all’attività economica lecita del soggetto colpito…. Tuttavia è assorbente e pregiudiziale il rilievo che, come rimarca la sentenza delle S.U. n. 57 del 2006, Auddino, più volte citata, l’utilizzazione della richiesta di revoca ex tunc ai sensi della L. n.1423 del 1956, art. 7, comma 2, alla stregua di strumento riparatorio, presuppone che la richiesta di rimozione del provvedimento ablativo oramai definitivo si muova “nello stesso ambito della rivedibilità del giudicato di cui agli artt. 630 c.p.p. e segg., con postulazione dunque di prove nuove sopravvenute alla conclusione del procedimento (e sono tali anche quelle non valutate nemmeno implicitamente: SU., 26 settembre 2001, Pisano), ovvero di inconciliabilità di provvedimenti giudiziari, ovvero di procedimento… fondato su atti falsi o su un altro reato”. Insomma, perché possa porsi il problema della valutabilità di una richiesta di revoca in funzione di revisione, tendente a rimuovere ex tunc un vizio genetico del provvedimento ablativo, occorre che essa si fondi su argomenti o fatti nuovi, la cui deduzione non risulti preclusa dal divieto di bis in idem, valido per qualsivoglia provvedimento suscettibile di divenire definitivo seppure non assistito dalla garanzia del giudicato formale“.
…Indirizzo che esclude la revocabilità della confisca, individuando come unica possibilità la revisione della sentenza di condanna
In senso contrario si è invece sostenuto, in relazione alla confisca allargata disposta in sede di cognizione, che l’unico rimedio straordinario appare lo strumento della revisione della decisione di condanna ex art. 630 cod. proc. pen. senza possibilità di ricorrere alla revoca dinanzi al giudice dell’esecuzione; difatti questo orientamento ha affermato che la confisca disposta ai sensi dell’art. 12-sexies d. l. 8 giugno 1992, n. 306 (convertito in legge 7 agosto 1992, n. 356) con sentenza definitiva non può essere revocata dal giudice dell’esecuzione, non essendo contemplato tale potere dall’art. 676 cod. proc. pen. e non potendosi applicare in tale ipotesi la disciplina della revoca prevista per le misure di prevenzione patrimoniale (Sez. 1, n. 28525 del 24/09/2018 Cc. (dep. 01/07/2019) Rv. 276491 – 01; ancora si è affermato che la confisca disposta ai sensi dell’art. 12 sexies D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (convertito in Legge 7 agosto 1992, n. 356) con sentenza definitiva non può essere revocata dal giudice dell’esecuzione, non essendo contemplato tale potere dall’art. 676 cod. proc. pen. e non rendendosi applicabile in tale ipotesi la disciplina della revoca di cui all’art. 7 Legge 27 dicembre 1956, n. 1423, che espressamente si riferisce al procedimento di prevenzione (Sez. 1, n. 3877 del 20/01/2004, Rv. 227330 – 01); ovvero che la confisca ex art. 12-sexies d. l. 8 giugno 1992, n. 306, disposta con sentenza definitiva di condanna per i reati che la prevedono, non può essere revocata dal giudice dell’esecuzione quando siano emersi nuovi elementi di prova, dovendo promuoversi il rimedio straordinario della revisione del giudicato per elidere l’accertamento giudiziale su cui la misura di sicurezza si fonda (Sez. 6, n. 29200 del 30/06/2021, Rv. 281825 – 01).
In tale ultima pronuncia in motivazione si statuisce che: “in linea generale «la confisca disposta ai sensi dell’art. 12-sexies d. l. 8 giugno 1992, n. 306 (convertito in legge 7 agosto 1992, n. 356) con sentenza definitiva non può essere revocata dal giudice dell’esecuzione, non essendo contemplato tale potere dall’art. 676 cod. proc. pen. e non potendosi applicare in tale ipotesi la disciplina della revoca prevista per le misure di prevenzione patrimoniale» … A diverse conclusioni si è giunti con riferimento al caso in cui la confisca sia stata disposta in sede esecutiva, allorché si è ritenuto che sia applicabile un meccanismo analogo a quello della revisione, già ritenuto operante per la confisca di prevenzione, sempreché tuttavia vengano addotti elementi che non si pongano di per sé in conflitto con l’accertamento coperto dal giudicato, ma si risolvano in prove nuove, tali essendo anche quelle esistenti ma non valutate“.
Adesione del collegio al secondo indirizzo
Orbene, la tesi favorevole al rimedio straordinario per la sopravvenienza di prove nuove a fronte della confisca allargata disposta in sede esecutiva desta alcune perplessità posto che, detta soluzione, finisce per sovrapporre un altro rimedio straordinario oltre quello della revisione che il soggetto condannato definitivamente per il c.d. reato spia continua a potere esercitare, con la conseguenza della sovrapposizione e confusione di rimedi analoghi.
Appare, infatti, evidente che il condannato in via definitiva può richiedere la revisione del processo per fare valere la prova nuova idonea a scardinare il giudicato e, di conseguenza, ottenere poi la caducazione della misura di sicurezza patrimoniale.
Quanto al terzo ed alla possibilità per lo stesso di fare valere le proprie ragioni, va rammentato che tale misura risulta disposta in sede esecutiva e cioè dopo la formazione del giudicato e che nel procedimento previsto dalle Sezioni unite Derouach è essenziale per la sua legittimità l’adozione dello stesso in contraddittorio e cioè proprio con la partecipazione dei soggetti interessati dalla confisca allargata in quanto titolari dei beni ritenuti riconducibili al condannato.
Posto, quindi, che il procedimento avviene in sede esecutiva, dopo la formazione del giudicato, che si conclude con un’ordinanza del giudice dell’esecuzione, la sede per fare valere qualsiasi elemento originario o sopravvenuto alla condanna sarebbe proprio il contraddittorio cui fa riferimento la pronuncia delle Sezioni unite e previsto dagli artt. 666 e segg. cod. proc. pen.
Ammettere, invece, la possibilità di dedurre ulteriori elementi di prova, ancora dopo l’ordinanza emessa in sede esecutiva ed il contraddittorio instaurato e garantito, significherebbe stabilire che per le confische allargate in sede esecutiva gli interessati sono titolari di rimedi ulteriori e differenti rispetto a quanto previsto dall’ordinamento per le altre ipotesi di misure ablatorie. E difatti mentre per le confische allargate disposte in sede di cognizione l’unico rimedio straordinario esperibile è, secondo il pacifico orientamento giurisprudenziale già citato, quello della revisione della condanna ex art. 630 cod. proc. pen., ove la confisca sia stata disposta in sede esecutiva, al rimedio della revisione si accoppierebbe anche un ulteriore, e non previsto normativamente, rimedio straordinario, costituito da una ipotesi di revoca parallela alla revocazione ex art. 28 d. lgs 159/2011.
Conclusioni
In ogni caso, allo stato attuale dell’interpretazione giurisprudenziale, può ritenersi che dall’analisi complessiva degli orientamenti risulti che:
– ove la confisca allargata sia stata disposta in sede di cognizione il rimedio straordinario è costituito dalla revisione per sopravvenienza di prove nuove disciplinata dagli art.630 e segg. cod. proc. pen.;
– ove la confisca sia stata disposta in sede esecutiva in applicazione dei principi stabiliti da Sezioni unite Derouach, il rimedio straordinario esperibile sia dal condannato per il reato c.d. spia che dal terzo è la revoca richiesta al giudice dell’esecuzione, in parallelo a quanto disciplinato per le misure di prevenzione dall’art. 28 d. lgs.159/2011 in tema di revocazione.
Orbene, l’applicazione dei sopra esposti principi al caso di specie comporta affermare che risultando la confisca nei confronti della ricorrente disposta in sede esecutiva, nel procedimento instaurato contro la stessa ed il coniuge, la stessa è soggetto legittimato a fare valere la prova sopravvenuta in sede di richiesta di revoca, e ciò in adesione all’orientamento già esposto.
