Cassazione penale, Sez. 4^, sentenza n. 1941/2024, udienza del 28 novembre 2023, ha avuto ad oggetto l’istituto del concorso di cause ex art. 41, comma 1, cod. pen.
Vicenda giudiziaria
L’evento letale oggetto del procedimento si verificò nella notte tra il 20 e il 21 novembre 2014 lungo una strada comunale extraurbana, in un punto in cui la strada si immette su un ponte che scavalca il torrente F.
Secondo la ricostruzione della Corte territoriale, GL si trovava alla guida di una vettura e, giunto all’altezza del ponte, perse il controllo dell’auto che si ribaltò e precipitò nel letto del torrente causando al conducente gravissime lesioni che ne determinarono il decesso.
Il ricorrente è stato ritenuto responsabile della morte di GL, quale progettista dei lavori di completamento e ripristino del tratto di strada nel quale si verificò l’incidente e di responsabile dell’Ufficio tecnico del comune di V.
Gli è stato contestato, in particolare, di aver omesso «di prevedere idonei dispositivi di protezione atti al contenimento dei veicoli che dovessero tendere alla fuoriuscita dalla carreggiata stradale». Secondo l’ipotesi accusatoria, quale progettista dei lavori, Bencardino avrebbe violato il d.m. 18 febbraio 1992 n. 223 che contiene «istruzioni e prescrizioni per la progettazione, omologazione ed impiego delle barriere stradali di sicurezza».
Ricorso per cassazione
La difesa ha censurato tra l’altro la decisione impugnata, osservando che il ricorrente si era limitato a firmare il progetto dei lavori di completamento e ripristino della strada comunale; che il ruolo di direttore dei lavori fu assunto dal geom. GF il quale ne certificò la regolarità; che i lavori progettati furono sensibilmente innovati nella fase esecutiva da una perizia di variante redatta dallo stesso GF, ma neanche lui dispose che in adiacenza al ponte sul torrente F. fossero predisposte barriere; che, in ragione del ruolo di responsabile dell’Ufficio tecnico comunale, il ricorrente non aveva alcuna autonomia di spesa e la sentenza impugnata ha ipotizzato che tale autonomia esistesse senza che nessuna prova fosse stata fornita in tal senso.
Decisione della Corte di cassazione
Il collegio di legittimità ha rigettato il ricorso.
Ha ritenuto a tal fine che, quando l’obbligo di impedire l’evento ricade su più persone che debbano intervenire o intervengano in tempi diversi, il nesso di causalità tra la condotta omissiva o commissiva del titolare di una posizione di garanzia e l’evento non viene meno per effetto del successivo mancato intervento da parte di un altro soggetto, parimenti destinatario dell’obbligo di impedimento, «configurandosi, in tale ipotesi, un concorso di cause ai sensi dell’art. 41, comma primo, cod. pen.» (Sez. 4, n. 37992 del 11/07/2012, Rv. 254368; sull’argomento anche: Sez. 4, n. 17887 del 02/02/2022, Rv. 83208; Sez. 4, n. 928 del 28/09/2022, dep. 2023, Rv. 284086).
Più in particolare: «allorquando il decesso della vittima sia determinato dalla sommatoria delle condotte omissive ascrivibili a diversi garanti, intervenuti in tempi diversi, è configurabile il nesso causale tra l’evento letale e ciascuna delle riscontrate omissioni, essendo ognuna di esse essenziale alla sua produzione (in motivazione la Suprema Corte ha affermato che la causalità additiva o cumulativa costituisce applicazione della teoria condizionalistica di cui all’art. 41 cod. pen., giacché, essendo ciascuna omissione essenziale alla produzione dell’evento, l’eliminazione mentale di ciascuna di esse fa venir meno l’esito letale, tenuto conto dell’insufficienza di ognuna delle altre omissioni a determinarlo)» (Sez. 4, n. 24455 del 22/04/2015, Rv. 263733).
