Concordato sulla pena in appello: implica la rinuncia alla prescrizione solo se sia stata formalmente espressa, trattandosi di un diritto “personalissimo” (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 5^, sentenza n. 6991/2024, udienza del 13 novembre 2023, ha ribadito che, in tema di concordato sulla pena con rinuncia agli altri motivi di appello, previsto dall’art. 599-bis, cod. proc. pen., l’accordo delle parti non implica rinuncia alla prescrizione che, ai sensi dell’art. 157, comma 7, cod. proc. pen., deve avere forma espressa; ne consegue che, qualora il giudice di appello non rilevi l’intervenuta prescrizione del reato, detto errore può essere dedotto mediante ricorso per cassazione (Sez. 1, n. 51169 del 11/6/2018, Rv. 274384).

Le stesse Sezioni unite, con la pronuncia Sez. U, n. 19415 del 27/10/2022, dep. 2023, Fazio, Rv. 284481, hanno di recente stabilito che, nei confronti della sentenza resa all’esito di concordato in appello, è proponibile il ricorso per cassazione con cui si deduca l’omessa dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione, maturata anteriormente alla pronuncia di tale sentenza, risolvendo una fattispecie in cui – come nel caso in esame – non era stato formulato un precedente motivo d’appello, esplicitamente dedicato a far rilevare l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione.

Sottolineano le Sezioni unite che la formulazione della richiesta di concordato in appello “non costituisce rinuncia alla prescrizione del reato eventualmente già verificatasi, ritenendo di confermare la linea interpretativa già stabilita da Sez. U, n. 18953 del 25/02/2016, Piergotti, Rv. 266333, per quanto riferita all’ipotesi di applicazione di pena ex art. 444, cod. proc. pen.

La sentenza Fazio ritiene di centrale rilievo l’argomento espresso da Sez. U, “Piergotti” che designa l’irrilevanza della specialità del rito ex art. 444, cod. proc. pen. allorquando saggia la tenuta del principio affermato in tema di rinuncia alla prescrizione rispetto ad esso, osservando che la differenza strutturale rispetto al rito ordinario «non è, però, tale da comportare, per il patteggiamento, un regime differenziato in tema di rinuncia alla prescrizione, posto che la norma di cui all’art. 157, settimo comma, cod. pen., è disposizione di carattere generale, valida per tutti i casi e moduli procedurali, senza eccezioni o diversificazioni di sorta». Ed infatti, la pronuncia Piergotti ha evidenziato come, in tema di patteggiamento, la richiesta di applicazione della pena da parte dell’imputato, ovvero il consenso prestato alla proposta del pubblico ministero, non possono valere come rinuncia alla prescrizione, in quanto l’art. 157, comma 7, cod. pen. richiede la forma espressa, che non ammette equipollenti.

Le Sezioni unite richiamano l’attenzione degli interpreti sul fatto che la rinuncia alla prescrizione penale ha natura di atto dismissivo gravido di conseguenze per l’imputato; per tale ragione deve essere formulata espressamente. Rinunciare ad un diritto già maturato, ossia a quello di far valere gli effetti dell’estinzione del reato per il decorso del termine prescrizionale, significa – secondo la sentenza Piergotti – esercitare il “diritto al processo” e, quindi, alla prova, nell’ambito dell’inalienabile diritto alla difesa, sancito dall’art. 24 Cost., in sintonia, peraltro, con la presunzione di innocenza, di cui all’art. 27, secondo comma, della stessa Carta costituzionale, ed all’art. 6, par. 2, CEDU.

Affermano, quindi, le Sezioni unite che «la rinuncia implica […] opzione per la prosecuzione del processo verso l’epilogo di una pronuncia nel merito della regiudicanda e comporta, pertanto, anche rivitalizzazione della pretesa punitiva statuale, altrimenti affievolita dal decorso del termine di prescrizione».

Le importanti conseguenze, per le sorti dell’imputato, che conseguono alla rinuncia alla prescrizione, radicano la convinzione del massimo collegio che essa rientri nell’alveo dei diritti “personalissimi”, che possono essere esercitati dall’interessato personalmente o, al più, con il ministero di un procuratore speciale, restando dunque estranea alla sfera delle facoltà e dei diritti esercitabili dal difensore, ai sensi dell’art. 99, comma 1, cod. proc. pen., in nome e per conto del suo assistito (si cita Sez. 1, n. 21666 del 14/12/2012, dep. 2013, Rv. 256076).

Le medesime argomentazioni sin qui esposte sono state di recente messe in campo da Sez. 5, n. 33266 del 9/5/2023, Rv. 284990, per decidere, a contrario, che è inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis, cod. proc. pen. con cui si deduca la prescrizione, allorché la rinuncia ai motivi di appello, effettuata a mezzo di procuratore speciale, abbia riguardato anche il motivo relativo all’intervenuta estinzione del reato, da intendersi, quindi, come rinuncia espressa alla prescrizione, ai sensi dell’art. 157, comma settimo, cod. pen.

Nella fattispecie, infatti, la rinuncia a far valere la prescrizione si è ritenuta operata con la rinuncia al motivo sul punto, intervenuto dopo il maturare della causa estintiva, trattandosi in tal caso di rinuncia espressa, effettuata a mezzo di procuratore speciale, quindi nel rispetto delle forme proprie della natura personalissima dell’atto ai sensi dell’art. 157, comma 7 cod. pen., e con la finalità specifica di ottenere la quantificazione della pena concordata anche in conseguenza della rinuncia a far valere la prescrizione.

Deve quindi affermarsi il principio seguente: “in tema di patteggiamento, la rinuncia a far valere la prescrizione di uno dei reati della continuazione criminosa non può essere desunta dall’inclusione, nel calcolo della pena ex art. 81 cpv., anche della quota di sanzione abbinata al reato prescritto, in quanto l’art. 157, comma 7, cod. pen. richiede la forma espressa, che non ammette equipollenti“.