Cassazione penale, Sez. 3^, sentenza n. 11834/2024, udienza del 13 marzo 2024, sottolinea l’onere di chiarezza posto a carico del ricorrente che denunci contestualmente, con riguardo al medesimo capo o punto della decisione impugnata, i tre vizi della motivazione deducibili in sede di legittimità ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen.
La giurisprudenza della Suprema Corte (così, Sez. 2, n. 19712 del 06/02/2015, Rv. 263541 – 01; Sez. 1, n. 39122 del 22/09/2015, Rv. 264535 – 01) ha chiarito che, in casi del genere, il ricorrente ha l’onere – sanzionato a pena di a-specificità, e quindi di inammissibilità, del ricorso – di indicare su quale profilo la motivazione asseritamente manchi, in quali parti sia contraddittoria, in quali manifestamente illogica, non potendo attribuirsi al giudice di legittimità la funzione di rielaborare l’impugnazione, al fine di estrarre dal coacervo indifferenziato dai motivi quelli suscettibili di un utile scrutinio.
La tipizzazione dei possibili motivi di ricorso indicati dall’art. 606, comma 1, c.p.p. (i quali costituiscono, a differenza di quelli di appello, un numerus clausus, a presidio del quale l’art. 606, comma 3, c.p.p. commina la sanzione della inammissibilità per i «motivi diversi da quelli consentiti dalla legge») comporta che il generale requisito della specificità si moduli, in relazione alla impugnazione di legittimità, in un senso particolarmente rigoroso e pregnante, sintetizzabile attraverso il già adoperato riferimento alla «duplice specificità» (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013), essendo onere del ricorrente argomentare anche la sussunzione della censura formulata nella specifica previsione. normativa alla stregua della tipologia dei motivi di ricorso tassativamente stabiliti dalla legge.
I motivi aventi ad oggetto tutti i vizi della motivazione sono, per espressa previsione di legge, eterogenei ed incompatibili, ed in quanto tali, non suscettibili di sovrapporsi e cumularsi in riferimento a un medesimo segmento dello sviluppo argomentativo che sorregge la decisione impugnata: i vizi della motivazione si pongono, infatti, in rapporto di alternatività, ovvero di reciproca esclusione, posto che — all’evidenza — la motivazione se manca, non può essere, al tempo stesso, né contraddittoria, né manifestamente illogica e, per converso, la motivazione viziata non è motivazione mancante; infine, il vizio della contraddittorietà della motivazione (introdotto dall’art. 8 L. n. 46 del 2006, che ha novellato l’art. 606, comma 1, lettera e), c.p.p.) è specificamente connotato rispetto alla manifesta illogicità.
In conclusione, si è ritenuto che la promiscua mescolanza dei motivi di ricorso, se cumulati e rubricati indistintamente, rende l’impugnazione assolutamente aspecifica.
Il principio, che esprime un obbligo generale di precisione nella formulazione dei motivi di ricorso, vale a fortiori nel caso in esame, in cui il ricorrente ha omesso perfino di indicare a quali, tra i motivi consentiti a norma dell’articolo 606 cod. proc. pen., abbia fatto ricorso: nel primo motivo si parla, genericamente, di violazione del diritto di difesa, facendo riferimento a una nota «sconosciuta» del Comune (i cui estremi – 38745 del 13/09/2023 – sono invece indicati nel provvedimento impugnato); nel secondo motivo si parla – ad esempio – di motivazione «incomprensibile»; nel quarto motivo di «lettura disattenta».
