Bip, bip, bip: per alcuni avvocati è un incubo.
Ci siamo presi la briga di una breve ricerca nell’ambito della giurisprudenza disciplinare e abbiamo scoperto che, indirettamente, è stato il Consiglio Nazionale Forense a sdoganare l’uso e alle volte l’abuso delle comunicazioni via WhatsApp tra avvocato e cliente.
La massima estraibile dalla sentenza numero 28/2021 del CNF è la seguente: “l’avvocato può comunicare con il cliente tramite WhatsApp ed altre modalità di messaggistica istantanea”.
Non solo, l’uso smodato della messaggistica via WhatsApp può tramutarsi in un boomerang in quanto è anche utilizzabile nei confronti dell’avvocato.
In tema la sentenza del Consiglio Nazionale Forense numero 139/2023 che ha stabilito: “Il potere disciplinare è esercitabile d’ufficio e non presuppone un esposto, né un interesse dell’esponente; di conseguenza la procedibilità dell’azione disciplinare non è in alcun modo condizionata dall’asserita illegittimità delle modalità con cui l’esponente abbia documentato le condotte denunciate che potrebbe rilevare al più in sede di ammissione o valutazione delle prove (Nella specie, l’incolpato aveva eccepito l’inutilizzabilità dell’esposto perché basato su comunicazioni whatsapp con il cliente, che l’avvocato stesso aveva tuttavia confermato in sede disciplinare, ammettendone contenuto e provenienza).
Naturalmente l’uso della tecnologia aiuta ma l’educazione non è un accessorio allegato a WhatsApp e di conseguenza c’è chi abusa in maniera sproporzionata della messaggistica istantanea.
Vocali, pdf, foto e non solo raggiungono il professionista per ogni dove e in qualsiasi momento, feste comandate comprese.
Il CNF con la decisione numero 28/2021 sentenziò che l’avvocato che comunichi con il cliente tramite WhatsApp, SMS ed altre modalità di messaggistica istantanea non viola il decoro professionale.
L’uso della messaggistica, che consente una comunicazione più immediata e veloce, non può ritenersi in sé in violazione dell’art. 9 del NCDF poiché, per molti aspetti, ormai rappresenta un vero e proprio metodo di comunicazione avente anche valore legale e, che per di più, fornisce anche una valida prova nel processo
Nel caso di specie, il professionista scriveva all’assistito diversi “messaggini”, chiedendo di essere contattato con urgenza perché nominato suo difensore di ufficio in un procedimento penale, di cui allegava l’avviso ex art. 415 c.p.p.
Per tale comportamento, l’avvocato veniva sanzionato con la censura dal Consiglio territoriale.
In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha annullato la sanzione disciplinare.
Certamente non è l’uso ma il contenuto dei messaggini che dovrebbe essere valutato.
