Dichiarazione di assenza: non bastano a legittimarla l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio e la sua accettazione (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 11163/2024, udienza del 14 marzo 2024, ha ribadito che «ai fini della dichiarazione di assenza, non può ritenersi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio, da parte dell’indagato, presso il difensore d’ufficio che abbia accettato la domiciliazione ai sensi dell’art. 162, comma 4 bis, cod. proc. pen., in difetto di altri elementi indicativi dell’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il domiciliatario e il proprio assistito a dimostrazione della sua effettiva conoscenza del processo ovvero della sua volontaria sottrazione ad esso» (Sez. 1, n. 3048 del 15/09/2023, dep. 2024, Rv. 285711 – 01).

Principio, questo, già espresso quando la norma non conteneva la specificazione dell’efficacia subordinata all’accettazione del difensore dell’avvenuta elezione di domicilio (richiedendosi la verifica, attraverso ulteriori indici, dell’effettiva instaurazione del rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, «tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del processo ovvero si sia volontariamente sottratto ad esso»: Sez. 3, n. 11813 del 24/11/2020, dep. 2021, Rv. 281483 – 01), facendo applicazione del principio espresso dalle Sez. unite (n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail, Rv. 279420 – 01) sulla ricerca di elementi attestanti l’effettiva instaurazione del rapporto tra il difensore domiciliatario e l’imputato, presupposto necessario per affermare la conoscenza effettiva del processo e la volontaria sottrazione dell’imputato alla partecipazione al giudizio.

Considerato che, nella specie, risulta positivamente la mancata accettazione da parte del difensore dell’elezione di domicilio operata dall’imputato, è evidente (atteso il tenore testuale dell’art. 162, comma 4-bis, cod. proc. pen.) che da quel dato processuale non può essere desunto alcun elemento utile per affermare la regolarità della dichiarazione di assenza dell’imputato. Del resto, nella stessa direzione converge l’enunciazione delle Sezioni unite relativamente alle modalità da seguirsi per la notificazione degli atti all’imputato, nell’ipotesi in cui all’elezione di domicilio presso il difensore di ufficio faccia seguito la dichiarazione del difensore di non accettare l’operata elezione; in tale contesto, si è riconosciuto il dovere di procedere alla notificazione dell’atto di citazione nelle forme previste dall’art. 157 cod. proc. pen. e, eventualmente, dall’art. 159 cod. proc. pen., e non mediante consegna di copia al medesimo difensore a norma dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. (n. 42603 del 13/07/2023, Rv. 285213 – 01), diversamente realizzandosi un’ipotesi di nullità assoluta delle notificazioni eseguite presso il difensore in quanto, «benché non omesse, ma solo effettuate in forma diversa da quella prescritta, sono radicalmente inidonee ad assicurare la reale ed effettiva conoscenza del processo all’imputato» (Sez. 5, n. 32586 del 14/06/2022, Rv. 283566 – 01, relativa alla notifica ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. al difensore d’ufficio dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari e del decreto di citazione diretta a giudizio dell’imputato). Alla notazione che precede, avente carattere già assorbente poiché dimostrativa della violazione dell’art. 420-bis cod. proc. pen. quanto all’avvenuta dichiarazione di assenza dell’imputato in carenza dei presupposti normativi, si aggiunge l’assertiva affermazione della comprovata esistenza di rapporti tra l’imputato ed il difensore di ufficio, desunti dalla presenza del difensore nel corso del processo e dalla richiesta avanzata dopo la conclusione del giudizio per richiedere la corresponsione degli onorari, ignorando il dato documentale dell’attestazione del medesimo difensore di non aver avuto possibilità di aver contatti con l’imputato.