Non è una provocazione, anzi è una questione interessante che è inerente alla condanna al pagamento alla cassa delle ammende che consegue alla declaratoria di inammissibilità del ricorso in cassazione e al profilo di colpa nella sua proposizione da parte dell’avvocato nel caso esaminato di ufficio, anche se fosse stato di fiducia poco cambia, privo del mandato ad impugnare “richiesto dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen.”
La Cassazione sezione 2 con la sentenza numero 11803 depositata il 21 marzo 2024 ha esaminato un ricorso presentato da un avvocato di ufficio.
La Suprema Corte premette: “L’imputato è stato giudicato in assenza e il difensore di ufficio ha proposto ricorso pur in difetto della procura speciale richiesta dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen.” e conclude: “Il ricorso è, dunque, inammissibile perché proposto da una difensore privo della procura speciale richiesta per la legittimazione a impugnare una sentenza pronunciata nei confronti di un imputato giudicato in assenza.
Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti”.
Quindi, ricapitolando, l’avvocato impugna senza mandato con il lodevole scopo di sollevare questione di incostituzionalità della norma: “Il difensore d’ufficio di S. S. ricorre avverso la sentenza in data 20/11/2023 della Corte di appello di Milano, che ha parzialmente riformato la sentenza in data 20/06/2022 del Tribunale di Milano, riconoscendo il beneficio della non menzione e confermando nel resto.
L’imputato è stato giudicato in assenza e il difensore ha proposto ricorso pur in difetto della procura speciale richiesta dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen.”.
Deduce “Illegittimità costituzionale degli artt. 581 comma 1-ter e comma 1-quater cod. proc. pen. nella parte in cui richiede che sia conferita la procura speciale per l’impugnazione, pur in presenza di un difensore d’ufficio che potrebbe non avere instaurato nessun contatto con l’imputato”.
Decisione
Ciò premesso, il ricorso è inammissibile alla luce del principio di diritto già enunciato da questa Corte e con il quale è stato rimarcato che “in tema di impugnazioni, la causa di inammissibilità di cui all’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., nella parte in cui si riferisce alla necessità di depositare lo specifico mandato a impugnare, si applica anche al ricorso per cassazione” e alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la: “condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti”.
Considerazioni
Ci rendiamo conto del paradosso?
Un avvocato, anche con scopi lodevoli, ricorre per cassazione ma è privo di mandato ad impugnare e quindi la sua iniziativa è strettamente personale senza aver mai avuto un placet dall’assistito e quest’ultimo viene condannato al pagamento di euro 3.000,00 “così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti”.
È ravvisabile un profilo di colpa dell’avvocato?
L’assistito potrà richiedere al professionista il rimborso della condanna al pagamento alla cassa delle ammende?
La questione non è peregrina e ricordiamo che la Cassazione con ordinanza n. 21317/2020, ha chiarito che il fondamento della condanna al pagamento della somma in favore della Cassa delle Ammende, che consegue alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, deve essere sempre connesso ad un profilo di colpa nella sua proposizione.
Quindi c’è condanna alla cassa delle ammende per un profilo di colpa nella proposizione del ricorso e quale colpa può avere l’imputato che non ha firmato specifico mandato?
Ai posteri l’ardua risposta.
