La Cassazione sezione 5 con la sentenza numero 11097/2024 ha stabilito che con riferimento al delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi, esso è configurabile in presenza di comportamenti reiterati, ancorché non sistematici, i quali, valutati complessivamente, siano volti a ledere, con violenza fisica o psicologica, la dignità e identità della persona offesa, limitandone la sfera di autodeterminazione.
Elementi essenziali di tale ipotesi criminosa sono, per un verso, l’abitualità delle condotte tipiche ovvero che esse non siano sporadiche e manifestazione di un atteggiamento di contingente aggressività, occorrendo una persistente azione vessatoria idonea a ledere la personalità della vittima; e, per altro verso, il fatto che esse si esplichino in un contesto familiare ovvero di convivenza, ossia nell’ambito di una comunità connotata da una radicata e stabile relazione affettiva interpersonale e da una duratura comunanza d’affetti che non solo implichi reciproche aspettative di mutua solidarietà ed assistenza, ma sia fondata sul rapporto di coniugio o di parentela o, comunque, su una stabile condivisione dell’abitazione, ancorché non necessariamente continua.
