La Cassazione sezione 6 con la sentenza numero 2098/2024 ha stabilito che il reato di cui all’art. 570-bis cod. pen. sia configurabile anche nel caso in cui l’omesso versamento abbia ad oggetto l’assegno previsto in favore del coniuge separato.
La Suprema Corte ha sottolineato che l’art. 3, della legge 54/2006, abbia esteso l’applicabilità dell’art. 12-sexies, L. n. 898 del 1970 al “caso di violazione degli obblighi di natura economica” discendenti da provvedimenti adottati in sede di separazione tra i coniugi, equiparando cosi integralmente sul piano penale il mancato versamento dell’assegno nei confronti del coniuge e dei figli, stabilito tanto in sede di separazione quanto di divorzio
Fatto
Il ricorrente, con il primo si deduce violazione di legge; il tema attiene alla configurabilità del reato di cui all’art. 570-bis cod. pen. per le condotte compiute in danno del coniuge.
Si assume che per il reato indicato, introdotto in attuazione della legge delega 23 giugno 2017, n. 103 e del c.d. principio della riserva di codice, il legislatore delegato, violando per eccesso la delega, non si sarebbe limitato a “trasferire” nel codice le precedenti fattispecie penali, ma avrebbe proceduto alla incriminazione di un fatto in precedenza non previsto dalla legge come reato, quale, appunto, quello della violazione degli obblighi di natura economica nei confronti del coniuge separato.
In precedenza, si argomenta, si sarebbe potuto procedere per i soggetti separati solo ai sensi dell’art. 570, comma 2, n. 2, cod. pen., allorché fossero mancati i mezzi di sussistenza
In attuazione delle, legge delega, si argomenta, la condotta del soggetto che viola solo gli obblighi di natura economica nei confronti del coniuge separato senza far mancare a questi i mezzi di sussistenza non potrebbe essere considerata attualmente reato; dunque, la riqualificazione da parte del Tribunale – confermata dalla Corte di appello – sarebbe illegittima; in tal senso si chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale “per eccesso di delega” (così il ricorso).
Decisione
Il tema attiene ai rapporti tra il reato introdotto all’art. 570-bis cod. pen. e la fattispecie in precedenza disciplinata dagli artt. 3 e 4 L. 8 febbraio 2006, n.54.
Le norme in questione sanzionavano l’omessa corresponsione dell’assegno di mantenimento stabilito in sede di separazione; in particolare, l’art. 3 L. n.54 del 2006, aveva esteso al regime della separazione la previsione sanzionatoria prevista per il divorzio dall’art. 12-sexies L. 1° dicembre 1970, n.898.
Più precisamente, occorreva distinguere, come osservato in dottrina, tre ipotesi.
Anzitutto, vi erano i soggetti coniugati in costanza di coabitazione: ad essi si applicava (e si applica) l’intero art. 570 cod. pen, compreso il comma 2, n. 2, nell’ipotesi in cui si facciano mancare i mezzi di sussistenza.
In secondo luogo, vi erano i divorziati, ai quali si applicava la legge 898/1970, con la conseguenza che una sola violazione degli obblighi poteva far scattare la responsabilità penale.
Infine, vi erano i separati, comprensivi sia dei separati di fatto che dei separati legali (derivanti da separazione legale omologata, sia consensuale che giudiziale), ai quali, si riteneva, secondo una data ricostruzione giurisprudenziale, applicabile solo l’art. 570, comma 2, n. 2, cod. pen.: non le altre fattispecie di cui all’art. 570 cod. pen., trattandosi di separati; non la legge 898/1970, perché riferita ai soli divorziati; non la legge 54/2006, perché riferita agli obblighi di natura economica a carico di un genitore (divorziato, separato, ex convivente di fatto) a favore dei figli e non riferita agli obblighi con il coniuge o con il convivente.
L’assunto era che la “mera” violazione di un obbligo a carico di un coniuge separato a favore dell’altro coniuge separato non era punibile, mentre la reiterata violazione era punibile laddove si fossero fatti mancare i mezzi di sussistenza.
In particolare, operando un’esegesi fondata sull’iter normativo che aveva condotto all’approvazione della legge 54/2006, si era affermato che, nonostante l’apparente riferibilità dell’art. 3 a qualsivoglia tipo di rapporto patrimoniale e, quindi, anche a quelli intercorrenti tra i coniugi, si dovesse pervenire in via interpretativa a restringere l’ambito applicativo della norma incriminatrice al solo inadempimento dell’assegno previsto a favore dei figli.
Per giungere a tale conclusione, si era sottolineato come dagli atti parlamentari emergesse che il testo dell’originario art. 3 fosse il seguente: “1. la mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento dei figli per oltre tre mensilità è punibile ex art. 570 c.p.” e che dunque, atteso l’incipit della originaria proposizione, la portata e gli ambiti di applicazione della norma, nell’intenzione del legislatore e nel quadro delle riforme in concreto adottate, concernevano le sole obbligazioni di natura economica nei confronti dei figli.
Pur dando atto del fatto che il tenore dell’art. 3 legge 54/2006, nella sua versione definitiva, risultava completamente variato rispetto a quello inizialmente previsto, secondo l’orientamento in parola la corretta interpretazione della norma era quella che individuava gli obblighi di natura economica oggetto di tutela penale soltanto in quelli regolamentati dalla L. n. 54 del 2006, cioè quelli posti a carico di un genitore a favore dei figli (minorenni e maggiorenni), escludendo quindi gli obblighi posti a carico di un coniuge a favore dell’altro, atteso che questi rapporti economici non erano stati oggetto di modifica da parte della L. n. 54 del 2006 (in questo senso, seppur con differenti declinazioni motivazionali, Sez. 6, n. 36263 del 22/09/2011, Rv. 250879; Sez. 6, n. 34181 del 19/6/2014, non mass.; Sez. 6, n.41832 del 30/9/2014, non mass.; Sez. 6, n.10800 del 28/11/2013, dep.2014, non mass.).
Alla luce di tale orientamento, nel caso di omesso versamento dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice nei confronti del coniuge separato, la tutela penale non conseguiva al mero inadempimento, dovendosi ricondurre la condotta nella previsione di cui all’art. 570, comma primo cod. pen., ovvero nello schema del più restrittivo art. 570, comma 2, cod. pen.
L’attuale art. 570-bis, cod. pen., ha razionalizzato la disciplina, racchiudendo in un’unica previsione sanzionatoria la condotta del coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero di violazione degli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.
La suddetta norma, in quanto introdotta a seguito della risistemazione organica conseguente alla previsione della “riserva di codice”, si è limitata a ricondurre nell’alveo del codice penale le norme incriminatrici precedentemente contenute nella legislazione speciale senza, tuttavia, che apportare alcuna modifica sostanziale della disciplina sanzionatoria.
In tale contesto assumono allora rilievo i principi affermati dalla giurisprudenza, di cui si è detto, formatasi in relazione alla disciplina contenuta all’art. 3 L. 8 febbraio 2006, n. 54, che, in virtù della conclamata continuità normativa con l’attuale art. 570 bis cod. pen., dovrebbero ritenersi riferiti anche alla nuova previsione.
Il corollario che ne dovrebbe derivare, secondo l’impostazione in parola, sarebbe quello per cui i fatti in esame non sarebbero incriminati nemmeno oggi, perché opinando diversamente ci si troverebbe di fronte a una nuova incriminazione e quindi a un vero e proprio eccesso di delega.
Si tratta di un assunto che, a parere del Collegio, non può essere condiviso. Sez. 6, n. 36205 del 16/12/2020, Rv. 280179, dopo aver ripercorso i plurimi interventi normativi succedutisi sul tema, ha correttamente valorizzato, in senso diverso rispetto alla impostazione in precedenza descritta, il fatto che l’art. 3, della legge 54/2006, abbia esteso l’applicabilità dell’art. 12-sexies, L. n. 898 del 1970 al “caso di violazione degli obblighi di natura economica” discendenti dal provvedimenti adottati in sede di separazione tra i coniugi, equiparando cosi integralmente sul piano penale il mancato versamento dell’assegno nei confronti del coniuge e dei figli, stabilito tanto in sede di separazione quanto di divorzio.
A supporto di tale conclusione è stato valorizzato testualmente quanto osservato da Corte costituzionale, sentenza 18972019 in cui, seppur in un obiter dictum, la Corte, in senso non propriamente simmetrico all’indirizzo di cui in precedenza si è detto, ha affermato appunto che “l’art.3 della legge 54/2006 stabili l’applicabilità dell’art. 12 sexies della legge 898/1970 per il caso “di violazione degli obblighi di natura economica” discendenti dalla sentenza di separazione tra i coniugi equiparando cosi integralmente sul piano penale il mancato versamento dell’assegno nei confronti del coniuge e dei figli, stabilito tanto in sede di separazione quanto di divorzio“.
Si tratta di un inciso “equiparando cosi integralmente sul piano penale il mancato versamento dell’assegno nei confronti del coniuge”, che si presta ad essere interpretato nel senso che la legge n. 54/2006 aveva equiparato anche i coniugi legalmente separati ai divorziati.
In effetti, come già rilevato, il dato testuale dell’art. 3 della legge 54/2006, fa riferimento in generale ai casi di violazione degli obblighi di natura economica originati dal procedimento di separazione dei coniugi, senza alcuna distinzione in relazione ai soggetti beneficiari.
Sotto altro profilo, assume rilievo il fatto che il rinvio disposto dall’art. 3 cit. alla Legge 898/1970 art. 12-sexies – che contempla la condotta del coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione dell’assegno divorzile dovuto rispettivamente, ai sensi degli artt. 5 e 6 della medesima legge, in favore dell’altro coniuge o dei figli – rivela come la fattispecie astratta in esame, poi trasfusa nel vigente art. 570 bis cod. pen., punisca gli inadempimenti degli obblighi di natura economica originati da provvedimenti adottati nel corso del procedimento di separazione dei coniugi non solo quando tali obblighi siano stabiliti in favore dei figli, ma anche allorché essi siano imposti in favore dell’altro coniuge (in tal senso, Sez. 6, n. 43341 del 27/09/2016, Rv. 268506, che in motivazione ha affermato che il citato art. 3 assiste con sanzione penale gli inadempimenti agli obblighi stabiliti con qualunque intervento, volontario o coattivo, dettati in materia economica nel corso della separazione; vedi, Sez. 6, n. 1653 del 24/10/2013, dep. 2014, Rv. 258132, che in motivazione ha precisato che il citato art. 3 sanziona la violazione degli “obblighi di natura economica“, senza operare alcuna distinzione quanto alla loro fonte; in tal senso anche Sez. 6, n. 18106 del 10/5/2021, n.m., – che ha ritenuto che il reato di cui all’art. 570-bis cod. pen. sia configurabile anche nel caso in cui l’omesso versamento abbia ad oggetto l’assegno previsto in favore del coniuge separato).
In tale contesto si è peraltro osservato in modo condivisibile in dottrina che la separazione legale presenta caratteristiche assimilabili al divorzio perché, sul piano formale, non solo, come per il divorzio, possono derivare da essa obblighi di corresponsione giudizialmente stabiliti a carico di un coniuge e a favore dell’altro, ma anche perché, se si assume come ratio della tutela di queste situazioni la vulnerabilità di una delle due parti, si deve osservare come la situazione del coniuge separato sia di obiettiva vulnerabilità e necessità di tutela, essendo la separazione una fase che se può essere transitoria, può anche risultare definitiva, e comunque in entrambe le ipotesi si tratta di una fase di ridefinizione dei rapporti contraddistinta da incertezza, trasformazione e spesso anche tensioni.
