La tagliola dell’inammissibilità in Cassazione penale (di Francesco Buonomini)

Il fenomeno della dichiarazione d’inammissibilità del ricorso per cassazione in materia penale è percepito comunemente abbastanza frequente ma, forse, non è nota del tutto la sua concreta portata.

L’inammissibilità, tra l’altro, viene spesso dichiarata dalla Cassazione anche dopo il superamento del vaglio preliminare del magistrato “spogliatore” che ha il compito di selezionare i ricorsi inammissibili e smistarli alla famigerata settima sezione e anche quando la stessa Procura generale magari ne ha chiesto addirittura l’accoglimento.

Abbiamo voluto approfondire il tema per verificare se davvero e in quale misura sia in funzione una vera e propria “suprema tagliola” che defalca buona parte dei ricorsi in materia penale.

Per capire oggettivamente quanto incida il fenomeno ci soccorrono i numeri forniti dall’Ufficio statistico della Corte di cassazione fino al 2022 e poi per l’anno 2023, più empiricamente e senza alcuna presunzione di scientificità, il motore di ricerca del sito web Italgiure.

Ebbene, prendendo come riferimento gli ultimi 10 anni dal 2012 al 2022 incluso, su un totale di 566.570 procedimenti definiti ben 379.147 sono stati dichiarati inammissibili, ossia circa il 67% del totale.

Per il resto, l’11,5% circa ricorsi è stato rigettato e solo circa il 19% è stato accolto con annullamento con rinvio (circa 10%) e senza rinvio (circa 9%) mentre un residuo circa 2,5% definito con un non meglio precisato “altro”.

Come prevedibile, la settima sezione ha dichiarato il maggior numero di inammissibilità con circa il 62,5% mentre il restante 37,5% è stata dichiarata inammissibile dalle altre sei sezioni ordinarie, dalla Sezione Feriale e dalle Sezioni Unite.

Se ne ricava che 142.000 ricorsi, ossia circa il 25% del totale (566.570) dei procedimenti, sono stati definiti con una dichiarazione di inammissibilità dopo aver superato il filtro preliminare diretto alla settima sezione.

Confrontando i dati ricavabili dal sito Italgiure si evince che il trend dello scorso anno 2023 si è mantenuto sugli stessi livelli.

In particolare, su un totale di 51.802 procedimenti definiti si sono registrate ben 33.750 declaratorie di inammissibilità, pari a circa il 65% del totale.  

Per chiudere questa disarmante carrellata appare interessante citare lo scarsissimo numero dei procedimenti definiti dal 2012 al 2022 con una declaratoria di prescrizione del reato che ha interessato solo circa l’1,2% del totale.

Alla luce della costante conferma, anno dopo anno, delle percentuali rilevate, delle due l’una: o la stragrande maggiorana degli avvocati penalisti deve imparare a scrivere i ricorsi per cassazione posto che sono decenni che non riesce nemmeno a farli valutare nel merito, oppure la Corte di cassazione dovrebbe utilizzare la tagliola dell’inammissibilità sulla base di parametri meno restrittivi.

Di certo, rebus sic stantibus, l’esame nel merito del ricorso sembrerebbe garantito solo a circa tre ricorrenti su dieci con conseguenti seri dubbi circa l’effettività del terzo grado di giudizio in materia penale.