Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 10378/2024, udienza del 5 dicembre 2023, ha avuto ad oggetto un ricorso mediante il quale si deduceva tra l’altro l’inutilizzabilità di file informatici contenenti videoriprese e tabulati di rilevazioni attraverso GPS per essere stati acquisiti come documenti senza esserlo.
Il collegio di legittimità ha ricordato anzitutto che la Convenzione del Consiglio d’Europa sul crimine informatico sottoscritta a Budapest nel 2001 si riferisce ai reati commessi a mezzo di sistemi informatici ovvero a dati in questi contenuti o trasmessi anche attraverso reti informatiche.
In tale specifico contesto sono stati indicati gli strumenti ritenuti idonei a tutelare l’efficacia delle indagini e a garantire il diritto di difesa.
Con la Legge n. 48/2008 di ratifica ed esecuzione della predetta Convenzione, il legislatore ha inserito il comma 1-bis nell’art. 247 cod. proc. pen., l’art. 254-bis, cod. proc. pen., il comma 1-bis nell’art. 352 cod. Proc. pen. ed ha modificato il comma 2 dell’art. 354 cod. proc. pen.
Le norme in questione, con l’espresso richiamo in esse contenuto, fanno riferimento alle attività (perquisizione, sequestro e acquisizione) relative a “dati informatici”, a “informazioni e programmi informatici” e a “sistemi informatici”.
A fronte di queste specifiche indicazioni, il regime di acquisizione dei documenti, anche se contenuti in un file memorizzato su un supporto informatico, quale è un’immagine o una videoripresa riversate su una chiavetta USB, un CD, un DVD o anche trasmesso via mail, non è mutato.
L’art. 234 cod. proc. pen., d’altro canto, prevede che “è consentita l’acquisizione di scritti o di altri documenti che rappresentano fatti persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo” e ciò impone di ritenere che, ai fini dell’utilizzazione, non abbiano alcun rilievo la natura del supporto e la modalità, analogica o digitale, che garantiscono la conservazione e la visione del documento.
La norma, infatti, con l’enunciazione di cosa debba intendersi per documento, non si interessa della concreta modalità di conservazione dello stesso, indicandone esclusivamente le caratteristiche oggettive.
Ragione per cui il fatto che l’evoluzione tecnologica consente ora, grazie al processo di digitalizzazione, la minimizzazione fisica del supporto su cui le immagini possono essere conservate e la facilitazione delle modalità di archiviazione e successiva estrapolazione, non autorizza a ritenere mutata la natura di documento del file, certamente conforme alla descrizione fattane dall’art. 234 cod. proc. pen. (così, tre la tante, Sez. 6^, sentenza n. 15838 del 20/12/2018, depositata nel 2019, Rv. 275541-01).
L’unica differenza che allo stato appare possibile evidenziare in ordine a tale peculiare categoria di documenti è, come recentemente indicato, che la copia estratta da un documento informatico ha la medesima valenza probatoria del dato originariamente acquisito, salvo che se ne deduca e dimostri la manipolazione poiché il riversamento sul file, ovvero l’estrapolazione di fotogrammi, non altera di per sé il medesimo documento contenuto nel server e pertanto le copie così ottenute corrispondono a quanto originariamente acquisito (così, Sez. 6^, sentenza n. 12975/2020, Rv. 278808-03).
