Avvocati e liberi professionisti e l’esenzione per il recupero di crediti riguardanti l’esercizio della professione entro la competenza di valore del giudice di pace (di Riccardo Radi)

Segnaliamo la proposta di estensione delle esenzioni e riduzioni delle spese di giustizia previste per le controversie di lavoro alle procedure di recupero del credito per compensi delle professioni organizzate in ordini o collegi, il titolo della proposta di Legge numero 567 (allegata alla fine del post).

Tutti gli indicatori dimostrano che oggi i professionisti sono in grave crisi anche per il mancato pagamento del compenso profes­sionale da parte del cliente.

La proposta di Legge numero 567 nella relazione introduttiva evidenzia che: “è oramai diven­tato un elemento che incide gravemente sul reddito di molti professionisti, i quali spesso, in assenza di liquidità, sono costretti a rinunziare al recupero del credito a causa dei costi che la procedura comporta e che non sono sostenibili per le fasce reddituali più basse del mondo professionale.

Il feno­meno sopra descritto sta assumendo propor­zioni epidemiche, ed è certamente una delle principali cause dell’indigenza in cui ormai versano centinaia di migliaia di professioni­sti e le loro famiglie, dato che il compenso per il professionista ha la stessa funzione della retribuzione per il lavoratore dipen­dente: quella di garantire la sopravvivenza del lavoratore.

Peraltro, il mancato pagamento del com­penso professionale produce pure un danno all’erario, giacché per i professionisti vige il principio di cassa, ossia il reddito è costi­tuito dai compensi effettivamente percepiti nel periodo d’imposta, detratte le spese so­stenute nel periodo stesso nell’esercizio del­l’arte o della professione (articolo 54 del te­sto unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986): pertanto il mancato paga­mento di un compenso professionale, si tra­duce, per lo Stato, in mancata percezione del relativo onere fiscale, costituito da IVA, imposta IRPEF ed eventuale ritenuta d’ac­conto.

Una misura che aiuterebbe non poco i professionisti nella tutela delle loro ragioni (ed anche di quelle dell’erario) consiste nel­l’estendere alle procedure giudiziali aventi ad oggetto il recupero del credito costituito da compenso professionale il regime fiscale agevolato previsto per le controversie indivi­duali di lavoro.

In queste ultime, come è noto, vige il principio di gratuità delle spese processuali (articolo unico della legge n. 319 del 1958, come sostituito dall’articolo 10 della legge n. 533 del 1973), salvo che per l’onere di pagamento del contributo unifi­cato (introdotto nel 2011 anche per tali con­troversie), il quale contributo tuttavia è do­vuto nella misura della metà rispetto a quello previsto per le cause ordinarie, ed in ogni caso persiste l’esenzione nei confronti di coloro che risultino essere titolari di un reddito (lordo e familiare) inferiore al triplo del limite fissato per l’accesso al gratuito patrocinio (si veda l’articolo 76 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002).

Non vi è alcuna ragione, infatti, per non estendere le esenzioni dal pagamento delle spese processuali e le riduzioni delle mede­sime spese previste per le controversie di la­voro alle procedure di recupero del credito relativo a compensi professionali, giacché soccorre la medesima ratio: un principio di tutela del lavoro, che non deve essere osta­colato da oneri di natura economica.

Infatti la Costituzione riconosce nel lavoro un fon­damento della Repubblica ed un diritto es­senziale della persona, che anche tramite esso consegue libertà, dignità e riconosci­mento sociale (articoli 1, 4 e 35 e seguenti); nella nozione di « lavoro » deve senz’altro includersi, accanto al lavoro subordinato, an­che il lavoro autonomo, di cui i professioni­sti sono fondamentale espressione; è indub­bio che il compenso per il professionista svolge la medesima funzione della retribu­zione per il lavoro subordinato: garantisce il sostentamento della persona, la sua libertà, la sua dignità.

La natura prevalentemente personale dell’esercizio della professione, peraltro, conferma la natura e funzione del compenso nei termini esplicitati, tant’è che la giurisprudenza prevalente riconosce come vigente il principio di «equità del compenso professionale», presidiato nel lavoro subordinato dall’articolo 36 della Costituzione.

Peraltro, il professionista recuperando il cre­dito legato al suo compenso professionale, agisce per il recupero anche degli oneri fi­scali gravanti sul compenso medesimo, quali l’IVA e l’eventuale ritenuta d’acconto, ed inoltre, conseguendo soddisfazione del di­ritto, l’importo recuperato va ad aumentare il patrimonio fiscalmente imponibile del pro­fessionista stesso, così realizzando un beneficio all’intera collettività.

Quest’ultima considerazione, proiettata in prospettiva di ampio respiro, può paralizzare la prevedibile eccezione alla presente propo­sta, legata al fatto che la stessa cagionerebbe un minor introito per l’erario: infatti, da un lato gli introiti degli oneri fiscali sul com­penso professionale risultano prevedibil­mente maggiori rispetto alle spese di giusti­zia connesse al recupero del credito mede­simo, e dall’altro lato il fenomeno diffuso di rinunzia del recupero del credito professio­nale (legato spesso alle spese di giustizia troppo alte) cagiona all’erario la doppia per­dita, dovuta alla mancata riscossione sia de­gli oneri fiscali sul credito sia delle spese di giustizia.

Il fenomeno descritto si rivela tanto più fondato, laddove si considera che il com­penso professionale spesso consiste in somme modeste, che quindi hanno una buona probabilità di essere recuperate e di garantire così un afflusso nelle casse dell’e­rario del correlato prelievo di cui all’ali­quota di competenza.

Pertanto, lo Stato ha tutto l’interesse ad incentivare il recupero del credito professionale e l’esenzione dalle spese di giustizia è solo apparentemente uno svantaggio per le le finanze dell’erario, in quanto ben maggiori (in termini economici) sono le convenienze che derivano dall’esito proficuo della procedura, esito come si è detto, probabile data l’esiguità delle somme da recuperare.

Con il presente disegno di legge, dunque, si propone venga esteso il regime delle spese di giustizia previsto per le controversie individuali di lavoro ai procedimenti aventi ad oggetto il recupero di crediti riguardanti compensi o rimborsi derivanti dall’esercizio di una libera professione organizzata in or­dine o collegio, entro la competenza di va­lore del giudice di pace”.