Attenuante della riparazione integrale del danno: condizioni per l’applicabilità all’omicidio colposo (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 4^, sentenza n. 9180/2024, udienza del 7 febbraio 2024, ha deciso un ricorso con il quale il difensore dell’imputato censurava tra l’altro la decisione impugnata per avere, in un giudizio attinente ad una contestazione di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale, ritenuto non concedibile l’attenuante del risarcimento del danno in quanto asseritamente incompatibile con la fattispecie in contestazione, in conseguenza dell’irreversibile distruzione del bene giuridico protetto dalla norma, da identificarsi nella vita.

Il collegio di legittimità, accogliendo il motivo specifico di ricorso formulato dalla difesa dell’imputato, ha rimarcato la differenza tra la circostanza attenuante della riparazione totale del danno (art. 62, n. 6, prima parte, cod. pen.) e la circostanza del ravvedimento operoso (art. 62, n. 6, seconda parte, cod. pen.).

Ha riconosciuto a tal fine, richiamando la giurisprudenza delle Sezioni unite penali (Sez. U, nn. 145/1983 e 1048/1992), che la prima delle due circostanze attiene non già al patrimonio e all’offesa che può derivare ai reati che ad esso si ricollegano ma, genericamente, al danno che può derivare, indipendentemente dall’offesa al bene giuridico protetto, da qualsiasi reato, sicché la circostanza medesima è del tutto svincolata dall’oggettività giuridica del reato al quale è applicabile il che esclude la necessità di qualsiasi indagine al riguardo.

Il collegio, richiamando questa volta la giurisprudenza costituzionale, nello specifico Corte costituzionale, sentenza n. 138/1998, e i successivi ulteriori chiarimenti sul punto offerti da Sez. U, sentenza n. 5941/2009, ha avallato la tesi, ispirata dal favor reparandi, volta a ritenere applicabile l’attenuante in discussione anche quando l’intervento risarcitorio, comunque riferibile all’imputato, sia stato compiuto prima del giudizio dall’ente assicuratore.

Ciò sul presupposto che nei reati colposi il criterio di ragionevolezza impone di riconoscere l’efficacia attenuante della condotta riparatoria, per una visione socialmente adeguata del fenomeno, anche nell’avvenuta stipula di un’assicurazione e nel rispetto degli obblighi assicurativi per salvaguardare la copertura dei danni derivati dall’attività pericolosa.

Il collegio ha infine richiamato e condiviso l’ulteriore evoluzione giurisprudenziale che, recuperando la dimensione soggettiva dell’attenuante di cui si parla, richiede l’ulteriore requisito della manifestazione da parte dell’imputato di una concreta e tempestiva volontà riparatoria.

Sulla base di queste complessive coordinate il collegio ha affermato il seguente principio di diritto: “ai fini dell’applicabilità dell’attenuante comune di cui all’art. 62 n. 6, prima ipotesi, cod. pen., non è necessario prendere in esame l’oggettività giuridica del reato, essendo compito del giudice accertare esclusivamente se l’imputato (prima del giudizio) abbia integralmente riparato il danno mediante adempimento delle obbligazioni risarcitorie e/o restitutorie che, ai sensi dell’art. 185 cod. pen., trovano la loro fonte nel reato e se, qualora il risarcimento sia avvenuto ad opera di un terzo,  l’imputato abbia manifestato una concreta volontà riparatoria“.