Porto di armi od oggetti atti ad offendere e rilievo del “finalismo lesivo” (di Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 1 con la sentenza numero 7861/2024 ha ricordato che la previsione di legge di cui all’art.4 legge n.110 del 1975, quanto agli oggetti assimilabili alle armi improprie, richiede non soltanto la constatazione di assenza di ‘giustificato motivo’ del porto, ma anche l’ulteriore apprezzamento delle circostanze di fatto in punto di destinazione dell’oggetto.

La Suprema Corte evidenzia che gli oggetti indicati specificamente nella prima parte dell’art. 4, comma secondo, della I. n. 110 del 1975 sono equiparabili alle armi improprie, per cui il loro porto costituisce reato alla sola condizione che avvenga “senza giustificato motivo“, mentre per gli altri oggetti, non indicati in dettaglio, cui si riferisce l’ultima parte della citata disposizione, occorre anche che essi appaiano “chiaramente utilizzabili, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona” (ex multis, Sez. I n. 10279 del 29.10.2011, dep.2012, rv. 252223).

Nel caso in esame, l’oggetto di cui è stato trovato in possesso (all’interno dello zaino) il D.M. non rientra tra quelli equiparabili alle armi improprie, e pertanto la punibilità del porto è correlata ad un esame in concreto di ‘circostanze di tempo e di luogo’ tali da integrare la dimostrazione di un finalismo lesivo – indirizzato verso la persona e non verso le cose – della condotta di porto.

Circa tale aspetto la decisione impugnata risulta, effettivamente, apodittica e non intercetta alcun elemento di fatto che sostenga, in modo visibile, detto finalismo.

Il controllo è avvenuto in pieno giorno, la condotta elusiva della identificazione non è univoca (in rapporto alla consapevole violazione del divieto di fare rientro nel territorio milanese) e le stesse caratteristiche dell’oggetto (martelletto in gomma con punteruoli di metallo) – per come descritte nella contestazione – non appaiono dirimenti.

Al contempo, va precisato non è fondata la parte della critica lì dove si valorizza la condizione di ‘senza fissa dimora’ del D.M.

E’ evidente, infatti, che la condotta tipica è integrata – sotto tale profilo – lì dove lo strumento atto ad offendere sia portato in luoghi accessibili liberamente dai consociati e, dunque, il luogo ove si è verificato il controllo (una stazione ferroviaria) rientra nel cono applicativo della previsione incriminatrice.

Va pertanto disposto l’annullamento con rinvio della decisione impugnata, limitatamente al capo oggetto di ricorso.