Impugnazione ammissibile con elezione o dichiarazione di domicilio antecedente alla sentenza impugnata: lo psicodramma continua (di Riccardo Radi)

Cassazione penale, Sez. 2, sentenza n. 8014 depositata il 22 febbraio 2024 ha stabilito che la dichiarazione o l’elezione di domicilio richiesta ai fini della notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello va rilasciata, ai sensi dell’articolo 581, comma 1-quater, cpp, dopo la pronuncia della sentenza oggetto di impugnazione soltanto nel caso in cui, nel grado precedente, nei confronti dell’imputato si sia proceduto in absentia.

La Suprema Corte sottolinea che la sanzione d’inammissibilità testualmente prevista in caso di inosservanza della predetta disposizione dall’articolo 581, comma 1-quater, cpp, non è applicabile analogicamente alla diversa situazione, prevista dall’articolo 581, comma 1-ter, cpp, di imputato non processato, nel grado precedente, in absentia, poiché la contraria interpretazione sfavorevole ostacolerebbe indebitamente l’accesso ad un giudizio d’impugnazione, in violazione di diritti costituzionalmente e convenzionalmente garantiti.

Tutto semplice allora?

No, tutt’altro, anzi si è in una situazione di marasma se si considera l’esistenza di un opposto indirizzo interpretativo di cui è recente espressione Cassazione penale, Sez. 5, sentenza n. 3118/2024.

In tale decisione si è ritenuto infatti che la nuova disposizione dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., come introdotta dal d. lgs. 10 ottobre 2022, n.150 riproduce quanto previsto dall’art. 1, comma 13, lett. a) della legge delega legge 27 settembre 2021, n.134: “fermo restando il criterio di cui al comma 7, lettera h), dettato per il processo in assenza, prevedere che con l’atto di impugnazione, a pena di inammissibilità, sia depositata dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di impugnazione”.

Nella Relazione illustrativa al d.lgs. n.150/2022 si legge: ” [..] Il comma 1 ter dell’art. 581 cod. proc. pen., in attuazione del criterio di cui all’art. 1, comma 13, lett. a) della legge delega, introduce un’ulteriore condizione di ammissibilità dell’impugnazione: con l’atto d’impugnazione deve essere presentata la dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione. […]”.

La nuova disposizione dell’art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen. si coordina: -con l’art. 157-ter comma terzo cod. proc. pen. (Notifiche degli atti introduttivi del giudizio all’imputato non detenuto) secondo cui: In caso di impugnazione proposta dall’imputato o nel suo interesse, la notificazione dell’atto di citazione a giudizio nei suoi confronti è eseguita esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell’articolo 581, commi 1-ter e 1-quater; -con il novellato art. 164 cod. proc. pen. la cui attuale rubrica è “Efficacia della dichiarazione e dell’elezione di domicilio” che stabilisce che: “La determinazione del domicilio dichiarato o eletto è valida per le notificazioni dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, degli atti di citazione in giudizio ai sensi degli articoli 450, comma 2, 456, 552 e 601, nonché del decreto penale, salvo quanto previsto dall’articolo 156, comma 1.“.

La nuova formulazione di quest’ultimo articolo ha modificato la precedente disposizione nella rubrica (la precedente rubrica era “Durata del domicilio dichiarato o eletto”) nonché il contenuto della stessa che in precedenza stabiliva che la dichiarazione o l’elezione di domicilio era valida “[..] per ogni stato e grado del procedimento [..]”.

L’eliminazione di siffatta disposizione che riconosceva validità “illimitata” alla dichiarazione o l’elezione di domicilio già presente in atti, salvo la possibilità per l’interessato di comunicare eventuali variazioni o modifiche, consente di interpretare correttamente la norma in esame nel senso che il soggetto che intende impugnare la sentenza di primo grado non può “utilizzare” la dichiarazione o elezione di domicilio nel precedente grado effettuata, che non risulta più valida in ogni stato e grado del processo.

La conseguenza immediata è che con la presentazione dell’impugnazione l’adempimento richiesto non è soddisfatto con l’allegazione di una dichiarazione/elezione di domicilio in precedenza effettuata, non avendo più la stessa durata illimitata secondo le precedenti indicazioni dell’art. 164 cod. proc. pen., ma è necessario che l’interessato fornisca nuovamente, anche nell’ipotesi in cui lo abbia già fatto in precedenza, la indicazione di un domicilio dichiarato o eletto.

Il conflitto, come si vede, non potrebbe essere più irriducibile, con l’aggravante di poter provocare, a parità di condizioni, un esito di inammissibilità a seguire l’indirizzo della quinta sezione penale oppure la piena legittimità dell’impugnazione a seguire l’indirizzo della seconda sezione: una clamorosa ed ingiustificabile disparità di trattamento che implica la violazione del principio di uguaglianza formale sancito dall’art. 3, comma 1, Cost.

Quanto ancora bisognerà aspettare prima che la Suprema Corte ricordi il suo compito di assicurare l’unità del diritto nazionale?