Giudizio abbreviato disposto in udienza preliminare e a seguito di citazione diretta a giudizio e differente valutazione della consulenza tecnica difensiva (di Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 1 con la sentenza numero 6972/2024 ha ricordato le differenze tra il rito abbreviato a seguito di udienza preliminare e il rito abbreviato a seguito di citazione diretta a giudizio in merito alla produzione e valutazione di atti e documenti (consulenza tecnica di parte) da parte della difesa.

Fatto

Nel ricorso la difesa deduce la violazione di legge e vizio di motivazione, anche con riferimento al travisamento della prova, in relazione agli artt. 424 cod. pen., 441, comma 5 cod. proc. pen., 24 e 111 cost., 125, comma 3 cod. proc. pen. quanto all’affermazione di responsabilità.

Nello specifico il ricorrente censura la conclusione cui è pervenuta la Corte territoriale in relazione alla questione sollevata in merito alla mancata valutazione da parte del giudice di primo grado della “perizia” (consulenza) depositata nel corso dell’udienza, prima cioè di procedere alla conversione del rito.

Secondo la difesa, infatti, tale prova di natura scientifica avrebbe dovuto essere attentamente considerata e questa, diversamente da quanto fatto dal giudice di appello, non avrebbe potuto essere valutata alla stregua di una memoria.

Decisione

La Suprema Corte premette che ai sensi dell’art. 233, comma 1, cod. proc. pen., le parti, quando non è stata disposta la perizia, possono nominare fino a due consulenti tecnici che possono esporre al giudice il loro parere, anche presentando memorie ex art. 121 cod. proc. pen.

In una corretta prospettiva interpretativa, d’altro canto, è necessario distinguere due diverse ipotesi in quanto la consulenza tecnica effettuata fuori dai casi della perizia può avere due diversi contenuti (per una distinzione tra attività c.d. percipiente e attività c.d. deducente cfr. incidentalmente Sez. U, n. 14426 del 28/01/201.9, Pavan, Rv. 275112 – 01 in motivazione a pag. 12 nonché Sez. 3 Civ.„ n. 3717 del 08/02/2019, Rv. 652736 – 01; Sez. L, Sentenza n. 1149 del 19/01/2011, Rv. 616225 – 01, Cass. civ., n. 13401 del 22/6/2005, Rv. 582060 – 01).

Il consulente, infatti, può limitarsi a esporre un proprio parere tecnico – scientifico a sostegno degli argomenti sostenuti dalla difesa in ordine, ad esempio, alla valutazione di una prova o alle modalità utilizzate per l’acquisizione della stessa.

Il consulente, d’altro canto, può svolgere un’attività più articolata che comporta anche il reperimento e l’analisi di documenti o fonti di prova non presenti in atti.

Nel primo caso -quando, cioè il consulente non fa riferimento ad allegati documentali o a fonti o mezzi di prova ulteriori e diversi da quelli già acquisiti- la parte non introduce attraverso la consulenza un novum probatorio così che l’elaborato scritto è un atto che ha contenuto “rappresentativo e valutativo” degli elementi di prova già disponibili ed è pertanto equiparabile a una memoria (Sez. 1, n. 33435 del 30/03/2023, Rv. 285017 – 01; Sez. 2, n. 15248 del 24/01/2020, Rv. 279062 – 01; Sez. 5, n. 42821 del 19/06/2014, Rv. 262111 – 01), che può essere presentata al giudice in ogni stato e grado.

Nel secondo caso, invece, la consulenza (sia l’elaborato scritto che la dichiarazione resa nel corso dell’esame), per i nuovi elementi che introduce, mirando a un accrescimento delle conoscenze disponibili per il giudizio, è una prova nuova e ulteriore e come tale deve essere acquisita nei limiti, tempi e modi previsti dal codice di rito (Sez. 1, n. 33435 del 30/03/2023, Rv. 285017 – 01).

L’art. 438 cod. proc. pen. prevede che il giudizio abbreviato sia definito allo stato degli atti e ai fini della deliberazione il giudice, ai sensi dell’art. 442, comma 1-bis cod. proc. pen., e salva l’ipotesi di cui all’art. 441, comma 5, cod. proc. pen., deve utilizzare gli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, la documentazione successivamente pervenuta ai sensi di cui all’art. 419, comma 3, cod. proc. pen. e quella acquisita sino alla data dell’ordinanza che dispone la conversione del rito.

Nell’ipotesi in cui il rito alternativo sia disposto in udienza preliminare, durante la quale ai sensi degli artt. 421, 421-bis e 422, cod. proc. pen. le parti possono produrre atti e documenti e il giudice può procedere ad attività di integrazione probatoria, quindi, devono essere utilizzate anche le prove acquisite nel corso dell’udienza atteso che la parte può presentare la richiesta sino alla formulazione delle conclusioni (Sez. 5, n. 6777 del 09/02/2006, Rv. 233829 – 01).

Nel caso in cui il rito abbreviato sia richiesto a seguito di citazione diretta a giudizio, di contro, il compendio probatorio può essere costituito esclusivamente dagli atti trasmessi dal pubblico ministero ai sensi dell’art. 553 cod. proc. pen. e di quelli urgenti, eventualmente assunti dal giudice per le indagini preliminari ex art. 554 cod. proc. pen.

Nel procedimento instaurato con il decreto emesso dall’organo dell’accusa, infatti, la richiesta deve essere presentata nel corso dell’udienza di comparizione predibattimentale, fissata e tenuta ai sensi degli artt. 554-bis e 554-ter cod. proc. pen., norme che non prevedono alcuna attività di integrazione probatoria.

L’attuale disciplina, così come modificata dal d.lgs. 150 del 2022, d’altro canto, è analoga a quella che era in vigore alla data di conversione del rito nell’attuale processo in quanto secondo la normativa allora vigente l’imputato doveva richiedere che si procedesse con le forme dell’abbreviato nei termini di cui all’art. 555, comma 2, cod. proc. pen., prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, cioè in una fase nella quale non era previsto che le parti producessero atti o documenti né era attribuito al giudice, salvo il caso degli atti urgenti, alcun potere di integrazione probatoria.

Nel caso di specie la Corte territoriale si è conformata i principi ermeneutici indicati.

Come correttamente evidenziato dal giudice d’appello l’elaborato depositato dalla difesa, impropriamente chiamato “perizia” ma costituito da una consulenza, era equiparabile a una memoria e come tale è stato acquisito.

L’atto, nel quale sono esposte delle considerazioni tecniche a sostegno degli argomenti della difesa, secondo la quale dalla videoripresa non era riconoscibile l’imputato, infatti, non conteneva alcun novum probatorio idoneo ad accrescere il compendio probatorio già acquisito.

Lo stesso, d’altro canto, qualora avesse comportato l’introduzione di nuovi e ulteriori elementi di prova rispetto a quelli contenuti nel fascicolo trasmesso dal pubblico ministero, non avrebbe potuto essere acquisito.

Ciò in quanto, come in precedenza evidenziato, non era allora, come non lo è ora, ammessa la produzione di atti e documenti o l’integrazione delle prove nella fase immediatamente precedente la conversione in rito abbreviato del processo instaurato con il procedimento a citazione diretta.