Turbata libertà degli incanti non configurabile per le condotte anteriori all’allestimento della gara (di Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 6 con la sentenza numero 5635/2024 ha stabilito che la produzione di un curriculum falso non integra la fattispecie di cui all’art. 353 cod. pen.

La Suprema Corte evidenzia che è pacifico che la condotta fraudolenta degli imputati è consistita nella produzione del curriculum vitae del P., indicato come “coordinatore del servizio” oggetto della pubblica gara di appalto, curriculum recante dati falsi (relativi a pregresse analoghe esperienze asseritamente svolte dal predetto) – si colloca nella fase di produzione dei titoli necessari per partecipare alla gara.

Sul punto, la Cassazione ha precisato che “In tema di turbata libertà degli incanti, non integrano i mezzi fraudolenti previsti dalla norma incriminatrice le condotte anteriori all’allestimento della gara tese ad eludere cause ostative alla partecipazione alla procedura di evidenza pubblica, le quali non sono “ex se” idonee ad esporre a pericolo il bene dell’effettività della libera concorrenza, se non in termini meramente potenziali (in applicazione del principio, la Corte ha annullato la condanna per il reato di cui all’art. 353 cod. pen., inflitta in relazione alla condotta dissimulatoria, realizzata anche mediante falsi documentali, di cause di esclusione dalla procedura di evidenza pubblica ai sensi dell’art. 80 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, da parte di un operatore economico resosi aggiudicatario di un rilevante appalto)” (da ultimo, v. Sez. 6, n. 24772 del 24/02/2022, Rv. 283606 – 01).

In tale pronuncia si è evidenziato che “Deve ribadirsi che la turbativa di una gara sussiste se il comportamento dell’agente lede il principio della libera concorrenza che la norma incriminatrice intende tutelare sia nell’interesse dei partecipanti, nei quali si è creato l’affidamento della regolarità del procedimento, sia nell’interesse dell’amministrazione” (Sez. 6, n. 6605 del 17/11/2020, Rv. 280837; Sez. 6, n. 653 del 14/10/2016, dep. 2017, Rv. 269525; Sez. 6, n. 18161 del 05/04/2012, Rv. 252638).

L’art. 353 cod. pen. richiede che questo avvenga, per quel che potrebbe riguardare la fattispecie in esame, ricorrendo a «mezzi fraudolenti» che consistono in qualsiasi attività ingannevole, diversa dalle condotte tipiche descritte nella disposizione, che sia idonea a alterare il regolare funzionamento della gara, anche con anomalie nella procedura (quali il ricorso a prestanomi o l’indicazione di informazioni scorrette ai partecipanti volte, per esempio, a produrre alterazioni dei prezzi o delle offerte) e a pregiudicare l’effettività della libera concorrenza, che presuppone la possibilità per tutti gli interessati di determinarsi sulla base di corrette informazioni (Sez. 6, n. 42770 del 11/07/2014, Rv. 260726 Sez. 6, n. 20211 del 15/05/2012, Rv. 252790; Sez. 6, n. 12298 del 16/01/2012, Rv. 252555).

Fra i mezzi fraudolenti può rientrare il mendacio, anche documentale (per esempio relativo alla assenza di rapporti con altre imprese partecipanti alla gara, cioè la falsa attestazione o informazione circa la sussistenza dei requisiti necessari per conseguire l’aggiudicazione), senza che il disvelamento del mendacio da parte della Pubblica amministrazione valga a rendere inidoneo il mezzo fraudolento utilizzato dall’imputato.

Deve però trattarsi di mezzi che siano direttamente idonei a incidere sul corretto svolgimento di una gara già avviata (Sez. 6, n. 44701 del 19/10/2021, Rv. 282743; Sez. 6, n. 57251 del 09/11/2017, Rv. 271726; Sez. 6, n. 8020 del 11/11/2015, dep. 2016, Rv. 2663329).

Invece, le mere falsità (materiali e/o ideologiche) realizzate per accedere alla gara costituiscono figure di reato distinte, per le modalità di esplicazione della condotta e per il bene giuridico tutelato, dall’art. 353 cod. pen. e autonomamente punibili (Sez. 6, n. 118 del 02/10/2012, dep. 2013, Rv. 254008), anche se comunque parimenti inficiano la legittimità amministrativa della procedura».

Tale principio deve essere ribadito in riferimento al caso in esame, non risultando dunque configurabile a carico degli imputati il reato di cui all’art. 353 cod. pen.

A tale conclusione consegue l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in relazione al capo A) dell’imputazione.