In caso di incidente stradale con feriti il passeggero che si limita, senza particolare insistenza, a chiedere al conducente di fermare il veicolo e, ricevuta risposta negativa, non si attiva nel contattare le autorità sanitarie e di polizia risponde di omissione di soccorso.
La Cassazione sezione 5 con la sentenza Sez. 5 numero 50435/2023 ha esaminato la questione della “non esigibilità di una condotta diversa” ed ha stabilito che l’esimente del costringimento fisico sussiste solo se l’agente abbia fatto quanto era in suo potere per uniformarsi alla legge, confrontandosi con una forza assoluta, proveniente dalla condotta di un altro uomo, non contrastabile né aggirabile, di intensità tale da impedirgli altra scelta se non quella di assumere la condotta integrante il delitto.
Fattispecie in tema di omissione di soccorso in cui la Suprema Corte ha ritenuto esente da censure la conforme decisione dei giudici di merito di condanna di un passeggero che si era limitato, senza particolare insistenza, a chiedere al conducente di fermare il veicolo e, ricevuta risposta negativa, non si era attivato nel contattare, anche in forma anonima, le autorità sanitarie e di polizia.
Nel caso esaminato osserva il ricorrente, che il soccorso doveva essere effettuato personalmente e sul posto.
A fronte di tale esigibile condotta, il ricorrente lamenta di non averla potuta assicurare, in ragione del ruolo di passeggero.
La cassazione premette che il principio della non esigibilità di una condotta diversa – sia che lo si voglia ricollegare alla “ratio” della colpevolezza riferendolo ai casi in cui l’agente operi in condizioni soggettive tali da non potersi da lui “umanamente” pretendere un comportamento diverso, sia che lo si voglia ricollegare alla “ratio” dell’antigiuridicità riferendolo a situazioni in cui non sembri coerente ravvisare un dovere giuridico dell’agente di uniformare la condotta al precetto penale – non può trovare collocazione e spazio al di fuori delle cause di giustificazione e delle cause di esclusione della colpevolezza espressamente codificate, in quanto le condizioni e i limiti di applicazione delle norme penali sono posti dalle norme stesse senza che sia consentito al giudice di ricercare cause ultra-legali di esclusione della punibilità attraverso l’analogia juris” (Sez. 3, n. 38593 del 23/01/2018, Rv. 273833 – 01.
Tale principio viene richiamato anche da Sez. 5, n. 21133 del 25/03/2019, C., Rv. 275315 – 03).
Di fatto ciò che prospetta il ricorrente è una situazione di forza maggiore non vincibile, nella species della forza maggiore consistente nel costringimento fisico previsto dall’articolo 46 cod. pen.
A ben vedere, però, una è la condotta omissiva tenuta per forza maggiore, in ragione della impossibilità assoluta di poter intervenire e soccorrere, anche rispetto all’avviso a darsi nelle forme possibili l’autorità, essendo impedita la predetta condotta ai sensi dell’art. 46 cod. pen. per l’opposizione ferma, e non vinta, del conducente ad arrestarsi presso la vittima della strada; altra la determinazione volitiva dell’imputato di rinunciare a soccorrere, circostanza ammessa (poteva «fare di più») quanto al convincere R. a fermarsi o, evidentemente, al provvedere altrimenti ai doveri di soccorso, anche anonimamente, contattando le autorità sanitarie e di polizia, perché impossibilitato a fare altro.
In vero, l’esimente dell’art. 46 cod. pen. è species di quella relativa alla forza maggiore, di cui all’art. 45 cod. pen, che sussiste in tutte le ipotesi in cui l’agente abbia fatto quanto era in suo potere per uniformarsi alla legge e che per cause indipendenti dalla sua volontà non vi era la possibilità di impedire l’evento o la condotta antigiuridica (Sez. 5, n. 23026 del 03/04/2017, Rv. 270145 – 01: fattispecie in cui la S.C. ha rigettato il ricorso dell’imputato, condannato per l’allaccio abusivo alla rete di distribuzione dell’energia elettrica, il quale aveva eccepito la forza maggiore, da lui individuata nel fatto che non era riuscito ad ottenere un regolare contratto di fornitura elettrica, malgrado i plurimi solleciti, e che inoltre aveva subito un guasto del generatore di cui si era munito per far fronte alle esigenze del suo locale).
Il costringimento fisico si caratterizza in quanto la violenza irresistibile promana da fattori esterni all’agente (non agit, sed agitur), individuabile nella condotta dì un altro uomo e deve consistere in una forza assoluta, non contrastabile né aggirabile, che annulli la volontà impedendo qualsiasi scelta a chi la subisce.
Nel caso in esame, a ben vedere, certamente C.M. non si è trovato in una situazione di costringimento fisico, intesa come vis absoluta esterna proveniente dal conducente dell’autovettura che lo abbia determinato in modo irresistibile alla omissione, impedendogli di prestare il soccorso imposto dalla norma incriminatrice.
Né per altro nel caso di specie sussisterebbero neppure i presupposti per l’applicazione dell’art. 54 cod. pen., che regola casi di coazione relativa, per i quali occorre che si verta in contesti nei quali sussista un pericolo attuale di un grave danno alla persona o in minacce rivolte al soggetto da coartare, non risultando né resistenza di queste ultime da parte del R. , né il pericolo nei termini indicati per , che mantenne la possibilità di scelta, tanto da aver deciso di non insistere ulteriormente per convincere il conducente ad arrestare la marcia e prestare soccorso.
Ne consegue, pertanto, anche la manifesta infondatezza del motivo di ricorso.
Pertanto, può affermarsi il principio per cui il costringimento fisico, ai sensi dell’art. 46 cod. pen., sussiste solo se l’agente abbia fatto quanto era in suo potere per uniformarsi alla legge, confrontandosi con una forza assoluta, non contrastabile né aggirabile, che promana da un fattore esterno all’agente individuabile nella condotta di un altro uomo, di tale intensità da annullare la volontà dell’agente, impedendogli qualsiasi altra scelta e determinandolo irresistibilmente alla azione o alla omissione integrante la condotta di reato.
