Il termine massimo biennale di durata delle indagini preliminari vale anche per i reati permanenti e le intercettazioni autorizzate fuori termine sono inutilizzabili (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 6^, sentenza n. 2472/2024, udienza del 14 dicembre 2023, afferma condivisibilmente l’inderogabilità del termine massimo di durata delle indagini preliminari, previsto dall’art. 407, comma 2, cod. proc. pen., anche allorché si proceda per reati permanenti.

In riferimento all’iscrizione ex art. 335 cod. proc. pen. del reato di cui all’art. 416 cod. pen. e al superamento dei termini di svolgimento delle indagini preliminari, protratto di fatto fino alla cessazione della consumazione del reato – la sesta sezione penale (sent. n. 13844 del 24 gennaio 2018, non massimata) ha già precisato che anche nel procedimento relativo a reati permanenti «opera tutto il sistema processuale delle decorrenze e delle proroghe delle scadenze previste dagli artt. 405, comma 2, 406 e 407 cod. proc. pen., così che, comunque, non potrebbe mai superarsi il termine massimo biennale di cui all’art. 407, comma 2 cod. proc. pen.

In tal senso va anche rilevato che la necessità che le indagini preliminari si svolgano entro i termini stabiliti dalla legge è ora ulteriormente evidenziata dalla nuova disciplina della “retrodatazione dell’iscrizione”, volta appunto ad evitare che un’iscrizione ritardata del nominativo della persona indagata possa consentire lo svolgimento, di fatto, di indagini per un periodo più lungo di quello fissato dalla legge (art. 335 quater cod. proc. pen., introdotto dal d. lgs. n. 150 del 2022).

Il principio sopra riportato è stato poi ribadito da Sez. 6, n. 10687 del 18/01/2023, e, da ultimo, da Sez. 2, n. 26029 del 26/05/2023, che ha indicato come «la giurisprudenza più recente è orientata, in termini plausibili, nel senso che non può essere condivisa la tesi, pur effettivamente affacciatasi in alcune pronunce di questa Corte, secondo cui, qualora si proceda per un reato permanente, com’è nel caso dell’associazione mafiosa, l’esecuzione delle indagini deve intendersi autorizzata per tutta la durata della condotta. In tal modo, infatti, il dettato dell’art. 407, cod. proc. pen., che non prevede eccezioni al principio della durata predeterminata delle indagini preliminari in relazione alla tipologia dei reati, ma soltanto un tempo più ampio per alcune fattispecie più complesse e/o di maggior allarme sociale, verrebbe di fatto aggirato (Sez. 6, n. 10687, dep. 18/01/2023, n. 10687; Sez. 6, n.12080 del 15/12/2022)».

Tale principio, come già avvenuto con la sentenza del 22 novembre 2023, deve essere qui confermato non solo perché è stato recepito da plurime e recenti sentenze, a fronte del precedente del 2008 rimasto isolato, ma soprattutto perché è l’unico conforme alla disciplina normativa come sopra ricostruita.

Alla luce delle considerazioni che precedono deve rilevarsi, quindi, che, nel caso in esame, le intercettazioni, autorizzate quando erano ormai scaduti i termini – ancorché prorogati – delle indagini preliminari, non sono utilizzabili.