Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 4918/2024, udienza del 30 gennaio 2024, ha ricordato che il dies a quo per proporre querela deve essere individuato nella data della piena cognizione dei fatti da parte dell’interessato (Cass. Sez. 6, n. 3719 del 24/11/2015 – dep. 27/01/2016, Rv. 266954); la decorrenza del termine per la presentazione della querela è infatti differita quando la persona offesa deve compiere accertamenti al fine di acquisire la consapevolezza della illiceità penale del fatto, fermo restando che tale differimento si protrae solo per il tempo strettamente necessario al compimento di tali verifiche, non potendo farsi discendere dall’inerzia di una parte la produzione di effetti sfavorevoli per l’imputato (Cass. sez. 2, n. 7988 del 01/02/2017, Rv. 269726; Cass. Sez. 5, n. 17104 del 22/12/2014 – dep. 23/04/2015, Rv. 263620).
Ai sensi dell’art. 124 cod. pen., comma 1, il diritto di querela deve essere esercitato nel termine di decadenza di “tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato”, intendendosi per notizia del fatto la conoscenza certa dell’episodio delittuoso e quindi la piena cognizione che dello stesso si siano realizzati i requisiti costitutivi, nel senso che l’interessato sia venuto in possesso degli elementi necessari per proporre fondatamente l’istanza punitiva. In tale contesto è frequente l’incertezza circa la tempestività della querela ed il dubbio al riguardo investe, in particolare, il dies a quo. L’indirizzo giurisprudenziale prevalente è nel senso che l’onere della prova dell’intempestività della querela è a carico di chi allega l’inutile decorso del termine e la decadenza dal diritto di proporla va accertata con criteri rigorosi, non potendosi ritenere verificata in base a semplici supposizioni prive di valore probatorio.
Nel caso in esame la Corte di merito ha ritenuto che soltanto a seguito della comunicazione della Octo Telematics relativa alla mancata presenza della autovettura sul luogo del sinistro l’assicurazione è venuta a conoscenza della truffa; a tale proposito, si deve rilevare che la tardività della querela può essere rilevata in sede di legittimità se risulta dalla sentenza impugnata, ovvero da atti da cui sia desumibile immediatamente ed inequivocabilmente il vizio denunciato, senza necessità di una specifica indagine fattuale che, comportando l’accesso agli atti, non è consentita al giudice di legittimità (Sez. 2, sentenza n. 37383 del 21/06/2016, Rv. 267948 – 01); pertanto, la valutazione della Corte di appello non può essere oggetto di censura, in quanto relativa alla valutazione dei fatti, operazione sulla quale non è consentita censura in sede di legittimità.
