Cassazione penale, Sez. 5^, sentenza n. 5347/2024, udienza del 2 febbraio 2024, ha considerato infondato un ricorso che eccepiva la nullità di un decreto di citazione in appello che non aveva rispettato il termine minimo a comparire di 40 giorni.
Ricorso per cassazione
La difesa dei due ricorrenti ha eccepito la nullità del decreto di citazione per il giudizio di appello per mancato rispetto del termine a comparire di quaranta giorni previsto dall’art. 601, comma 5, cod. proc. pen., come modificato dal d. lgs. n. 150 del 2022, destinato a trovare applicazione nel presente processo, poiché il decreto di citazione era stato emesso il 1° febbraio 2023.
Ha osservato a tal fine che l’ultrattività della disciplina dettata dal d. l. n. 137 del 2020 riguarda le modalità del rito cartolare ma non incide sull’allungamento del termine a comparire.
La decisione della Corte di cassazione
Il collegio di legittimità ha ritenuto infondato il motivo di ricorso.
L’art. 34, comma 1, lett. g), d. lgs. n. 150 del 2022 ha ricalibrato le regole aventi ad oggetto l’introduzione e la celebrazione del giudizio di appello, riformulando il testo dell’art. 601 cod. proc. pen.
Per quanto ora rileva, l’art. 601 prevede che: se non ricorrano cause di inammissibilità dell’impugnazione, il presidente ordina senza ritardo la citazione (comma 1); quando la Corte, anteriormente alla citazione, dispone che l’udienza si svolga con la partecipazione delle parti, ne è fatta menzione nel decreto di citazione (comma 2); il decreto di citazione per il giudizio di appello contiene i requisiti previsti dall’articolo 429, comma 1, lett. a), d-bis), f), g), nonché l’indicazione del giudice competente e, fuori dal caso previsto dal comma 2, l’avviso che si procederà con udienza in camera di consiglio senza la partecipazione delle parti, salvo che l’appellante o, in ogni caso, l’imputato o il suo difensore chiedano di partecipare nel termine perentorio di quindici giorni dalla notifica del decreto. Il decreto contiene altresì l’avviso che la richiesta di partecipazione può essere presentata dalla parte privata esclusivamente a mezzo del difensore. Il termine per comparire non può essere inferiore a quaranta giorni (comma 3); almeno quaranta giorni prima della data fissata per il giudizio di appello, è notificato avviso ai difensori (comma 4).
D’altro canto, l’art. 598-bis cod. proc. pen., introdotto dall’art. 34-bis, comma 1, lett. c), del d. lgs. n. 150 del 2022, detta una articolata disciplina delle decisioni in camera di consiglio senza la partecipazione delle parti, che rappresenta, in difetto di una richiesta di parte ai sensi del comma 2 dello stesso art. 598-bis o di una contraria determinazione officiosa del giudice di secondo grado, ai sensi del successivo comma 3, il modello processuale ordinario (“salvo che sia diversamente stabilito: comma 1 dell’art. 598-bis).
La struttura della disciplina introdotta dall’art. 34 del d. lgs. n. 150 del 2022 articola in termini innovativi e unitari le previsioni del cd. rito emergenziale. In relazione a quest’ultimo, si osserva che la proroga di operatività delle disposizioni di cui all’art. 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla Legge 18 dicembre 2020, n. 176 (proroga originariamente destinata ad operare per le impugnazioni proposte sino al quindicesimo giorno successivo alla scadenza del termine del 31 dicembre 2023: art. 94, comma 2, d.lgs. n. 150 del 2022), è ulteriormente slittata al 30 giugno 2024 per effetto dell’art. 11, comma 7, del dl. 30 dicembre 2023, n. 215.
Esplicitamente la relazione illustrativa del d.lgs. 150 del 2022 chiarisce che, considerata la dialettica anticipata e scritta imposta dal rito “non partecipato”, quale delineato dal menzionato art. 598-bis cod. proc. pen., è stato ampliato a quaranta giorni il termine dilatorio previsto per comparire e per la notifica dell’avviso d’udienza ai difensori, ai sensi dell’art. 601, commi 3 e 5, del codice di rito, confermando la necessità di una valutazione unitaria della nuova disciplina dettata da queste ultime previsioni e la sua alternatività rispetto al rito cd. emergenziale.
Tutto ciò è in linea con le modifiche apportate all’art. 598-bis cod. proc. pen. che prevede un termine di quindici giorni prima dell’udienza per la presentazione a) delle richieste del procuratore generale e b), per tutte le parti, dei motivi nuovi come pure delle memorie, laddove l’art. 23-bis, comma 2, sopra ricordato prevede la trasmissione delle conclusioni del p.m. entro il decimo giorno anteriore all’udienza e consente ai difensori delle altre parti di presentare, entro il quinto giorno antecedente l’udienza, le conclusioni con atto scritto.
La stretta correlazione tra cessazione dell’efficacia del cd. rito pandemico e l’entrata in vigore delle previsioni che disciplinano l’introduzione e lo svolgimento del giudizio di appello (e identiche conclusioni valgono per la nuova disciplina dell’art. 611 cod. proc. pen., in tema di giudizio di legittimità, quale dettata dall’art. 35 d. lgs. n. 150 del 2022: v., esplicitamente in tal senso, Sez. 5, n. 47183 del 12/10/2023, in motivazione al punto 1.1. del Considerato in diritto) è resa palese sia dall’interpretazione letterale che da quella sistematica e storica.
L’art. 94, comma 2, d. lgs. n. 150 del 2022, nella sua originaria formulazione, prevedeva esplicitamente, per quanto ora rileva, che le disposizioni di cui all’art. 34, comma 1, lett. c) e g), n. 2, 3, 4 [e specularmente per il giudizio in cassazione, di cui all’art. 35, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 150 del 2022] si applicassero a decorrere dalla scadenza del termine fissato dall’art. 16, comma 1, d. l. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito con L. 25 febbraio 2022, n. 15, ossia dalla scadenza del termine di efficacia – si ripete, sempre nei limiti della rilevanza ai fini della decisione – delle previsioni dettate dall’art. 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7 del sopra ricordato d. l. n. 137 del 2020. Quando è intervenuto a ricalibrare i termini di entrata in vigore della cd. riforma Cartabia, il d. l. 31 ottobre 2022, n. 162, poi convertito con modifiche con I. 30 dicembre 2022, n. 199, ha, per un verso, con l’art. 6, introdotto l’art. 99-bis d. lgs. n. 150 del 2022 che fissa, in generale, al 30 dicembre 2022 l’entrata in vigore dello stesso decreto legislativo e ha, per altro verso, rimodulato le disposizioni transitorie, specificando, quanto alla materia delle impugnazioni (art. 5-duodecies, comma 1, introdotto in sede di conversione, che riformula il comma 2 dell’art. 94), che le ricordate previsioni del rito cd. emergenziale continuassero ad essere applicate alle impugnazioni proposte entro il 30 giugno 2023 (e ciò anche nel caso di successive impugnazioni proposte contro il medesimo provvedimento).
Non ignora il collegio che la Cassazione in altra occasione ha concluso diversamente (v., Sez. 4, n. 48056 del 16/11/2023, n.m.; Sez. 2, n. 49644 del 02/11/2023, n.m.; in senso contrario, è stata diffusa notizia di decisione della seconda sezione, in relazione al proc. n. 36240/2023). In particolare, Sez. 4, n. 49644 del 2023 valorizza il fatto che l’art. 5-duodecies del d. l. n. 162 del 2022, quale introdotto dalla legge di conversione, si occupi esclusivamente del cd. rito pandemico; esso, pertanto, non inciderebbe sui termini a comparire dettati dal novellato art. 601 cod. proc. pen., destinati a trovare applicazione, si conclude, a decorrere dalla scadenza del termine fissato nell’art. 16, comma 1, d. l. n. 228 del 2021, convertito con L. n. 15 del 2022.
La soluzione non è convincente. Innanzi tutto, si osserva che, muovendo dalle premesse della decisione, il riferimento normativo destinato a governare l’entrata in vigore delle modifiche apportate dall’art. 34, comma 1, lett. g), del d. lgs. n. 150 del 2022, è rappresentato dall’art. 99-bis di quest’ultimo provvedimento normativo e non dall’art. 16, comma 1, del d. l. n. 228 del 2021, perché questo richiamo dovrebbe altrimenti confrontarsi con l’inequivoca scelta normativa di trasporre e ricalibrare quest’ultimo termine – che appunto determina la cessazione di operatività del cd. rito pandemico – nel nuovo comma 2 dell’art. 94 del d. lgs. n. 150 del 2022. Ma soprattutto, per quanto si è sopra detto, il significato di quest’ultima scelta normativa non è quello di frazionare artificiosamente la disciplina processuale applicata a seguito del diffondersi della pandemia, ma di includere in positivo, all’interno del testo del d. lgs. 150 del 2022, le regole destinate a garantire, oltre il 30 dicembre 2022, l’applicazione sino a quel momento sperimentata del cd. rito emergenziale, come innestato nelle disposizioni codicistiche, risolvendo esplicitamente il tema dell’atto al quale far riferimento per individuare la disciplina applicabile (il primo atto di impugnazione).
Depongono nel senso della conclusione qui accolta, in altri termini, sia la correlazione dell’ampliamento del termine a comparire con la rimodulazione del giudizio di appello e, in particolare, del cd. rito non partecipato, sia la finalità dell’intervento normativo operato in sede di conversione del d. l. n. 162 del 2022, non destinato ad innovare i riferimenti temporali tracciati dall’art. 94, comma 2 nel testo previgente, ma ad includere il termine di cessazione della previgente disciplina – termine sino a quel momento collocato al di fuori del d. lgs. n. 150 del 2022, ossia nel corpo dell’art. 16, comma 1, dl. n. 228 del 2021, convertito con L. n. 15 del 2022 – all’interno del d. lgs. n. 150 del 2022 risolvendo anche la questione della rilevanza dell’actus al quale far riferimento: ciò sia in generale, sia con riguardo all’eventuale pluralità di atti di impugnazione.
Per pura completezza argomentativa deve aggiungersi che la conclusione qui raggiunta non può essere influenzata dal carattere di maggior favore per l’imputato del più ampio termine a comparire. E ciò sia perché in tema di successione di leggi processuali nel tempo, non opera il principio di retroattività della legge più favorevole (Sez. 5, n. 35588 del 03/04/2017, Rv. 271207 – 01), sia perché, in generale, il principio non può mai condurre ad un’artificiosa combinazione di distinti frammenti normativi (v., già, Sez. 4, n. 47339 del 28/10/2005, Rv. 233176 – 0; più di recente, sulla stessa linea e, naturalmente, sempre sul versante del diritto penale sostanziale, Sez. 5 n. 201 del 13/09/2022, dep. 2023, Rv. 283960 – 0).
