L’avvocato e la sua solitudine (di Riccardo Radi)

Nella solitudine l’avvocato ogni giorno esercita la sua professione con la consapevolezza della responsabilità delle scelte che opera e delle conseguenze che queste implicano.

Noi avvocati rispondiamo (all’assistito, alla coscienza, all’amor proprio) di quanto facciamo giornalmente ed è questa semplice verità che ci distingue dagli altri che indossano la toga.

Ciò che importa nell’arringa, non è né la bellezza della voce né l’eleganza della frase, ma l’efficacia del dimostrare e del persuadere: il trapasso cioè di una tesi dall’ombra in cui è sepolta allo splendore dell’evidenza.

Alfredo de Marsico

Dove non giunge il pensiero dell’uomo, arriva l’amore.

La superiorità dell’avvocato sul giudice è questa. Il giudice per definizione giudica, non ama. L’avvocato, al contrario, ama, non giudica.

Ama anche se non se ne accorge.

Non si può difendere senza amare. La difesa, proprio perché è il contrario dell’offesa, implica l’amore. Il giudice, alto sul suo stallo, guarda colui che deve giudicare da lontano.

L’avvocato, collocato in basso, accanto a lui, lo guarda da vicino. Né si può star vicino ad uno sciagurato, senza vivere, molto o poco, la sua sciagura“.

Francesco Carnelutti, da “Vita di avvocato. Mio fratello Daniele in difesa di uno sconosciuto“, Giuffrè, 2006

In queste frasi è racchiuso il segreto di questa professione che è fatta di concretezza, passione e consapevolezza della responsabilità che ogni giorno ci carichiamo sulle spalle.