Ascoltare le conversazioni intrattenute dalla ex all’interno della sua auto non integra l’articolo 615-bis c.p. (di Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 5 con la sentenza numero 3446/2024 ha ricordato che non integra il reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615 bis cod. pen.) la condotta di colui che installi nell’auto di un soggetto (nella specie ex fidanzata) un telefono cellulare, con suoneria disattivata e con impostata la funzione di risposta automatica, in modo da consentire la ripresa sonora di quanto accada nella predetta auto, in quanto, oggetto della tutela di cui all’art. 615 bis è la riservatezza della persona in rapporto ai luoghi indicati nell’art. 614 cod. pen. – richiamato dall’art. 615 bis – tra i quali non rientra l’autovettura che si trovi sulla pubblica via.

Fatto

L’imputato si è procurato indebitamente notizie attinenti alla vita privata della ex moglie, mediante l’utilizzo di un dispositivo GPS dotato di microfono, che aveva installato all’interno dell’autovettura di quest’ultima e che gli consentiva di ascoltare le conversazioni intervenute all’interno del veicolo.

Decisione

La Suprema Corte premette che l’abitacolo di un’autovettura, in quanto spazio destinato naturalmente al trasporto dell’uomo o al trasferimento di oggetti da un posto all’altro e non ad abitazione, non può essere considerato luogo di privata dimora, salvo che, a differenza di quanto dedotto, nel caso in esame e desumibile dal contenuto del provvedimento impugnato, esso, sin dall’origine, sia strutturato (e venga di fatto utilizzato) come tale, oppure sia destinato, in difformità dalla sua naturale funzione, ad uso di privata abitazione.

La disposizione dell’art. 615 bis c.p. tutela la riservatezza di notizie ed immagini e fa riferimento ai soli luoghi indicati nell’art. 614 c.p., e cioè l’abitazione e la privata dimora.

Orbene l’autovettura che si trovi sulla pubblica via non è ritenuta, dalla giurisprudenza della Suprema Corte formatasi essenzialmente in materia di intercettazioni tra presenti, luogo di privata dimora (vedi da ultimo n. 4125/07 – 235601, n. 13/05 – 230533 e Cass., Sez. 5^ penale, 30 gennaio – 18 marzo 2008, n. 12042).

Tale indirizzo trova conferma nella pronuncia delle Sezioni Unite Penali n. 26795 del 2006, che, con affermazione che, sebbene resa nel contesto della interpretazione della normativa processuale in tema di videoriprese, appare di carattere generale, ha osservato che non c’è dubbio che il concetto di domicilio individui un rapporto tra la persona ed un luogo, generalmente chiuso, in cui si svolge la vita privata, in modo anche da sottrarre chi lo occupa alle ingerenze esterne e da garantirgli quindi la riservatezza.

Ma il rapporto tra la persona ed il luogo deve essere tale da giustificare la tutela di questo anche quando la persona è assente.

In altre parole la vita personale che vi si svolge, anche se per un periodo di tempo limitato, fa sì che il domicilio diventi un luogo che esclude violazioni intrusive, indipendentemente dalla presenza della persona che ne ha la titolarità, perché il luogo rimane connotato dalla personalità del titolare, sia o meno questi presente.

Nemmeno gli artt. 617 bis e 623 bis c.p. risultano violati nel caso di specie.

Tali disposizioni concernono, infatti, gli strumenti di comunicazione nel senso che l’art. 617 bis ha ad oggetto le attività volte ad intercettare o impedire comunicazioni e conversazioni che avvengono con il mezzo del telefono o del telegrafo o, a seguito dell’ampliamento della fattispecie derivante dalla applicazione della norma di chiusura contenuta nell’art. 623 bis c.p., con altre forme di trasmissione a distanza di suoni, immagini o altri dati e non possono con certezza riguardare anche le intercettazioni o gli impedimenti di conversazioni tra presenti (Cass. 30 gennaio 2008 n. 12042, anche la n. 4264 del 2006).

Insomma i reati in questione sono ravvisabili quando un terzo si inserisca, con l’uso di apposite apparecchiature, in un canale di trasmissione di dati, cosa che non è avvenuta nel caso di specie.