Imputato ricoverato in ospedale: “non è un elemento decisivo e dirimente per affermare l’esistenza di una situazione di legittimo impedimento” (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 1 con la sentenza numero 437/2024 ha ribadito che in tema di impedimento a comparire, l’onere della prova grava sull’imputato e il giudice non ha l’obbligo di disporre accertamenti fiscali per verificare l’impedimento o integrare l’insufficiente documentazione prodotta.

Inoltre, ove l’imputato alleghi un certificato di ricovero privo di indicazioni circa la patologia e la durata della malattia, non può dedurre ragioni di “privacy”, la cui normativa tutela la riservatezza del privato e non può essere invocata da chi abbia interesse a documentare un impedimento, sicché è legittimo il provvedimento con cui il giudice rigetti la richiesta di rinvio.

Fattispecie relativa a udienza di sorveglianza, alla quale il condannato aveva chiesto di presenziare o di essere sentito presso il presidio ospedaliero ove era ricoverato.

Fatto

F.F. ricorre per cassazione, con atto del suo difensore, avverso l’ordinanza indicata in epigrafe con cui il tribunale di sorveglianza ha rigettato le istanze di detenzione domiciliare e affidamento in prova precedentemente avanzate nel suo interesse, deducendo difetto di motivazione e violazione degli artt. 127, 177, 178 e 179 cod. proc. pen., art. 666 cod. proc. pen., commi 3 e 4, e art. 678 cod. proc. pen. comma 1 ter, in relazione al diniego della richiesta di rinvio dell’udienza per l’asserito impedimento del condannato, dovuto ad un ricovero ospedaliero.

In particolare, erano stati prodotti due certificati medici, attestanti il ricovero di F.- il quale aveva richiesto di partecipare all’udienza del 26/04/2023, e di voler essere sentito – presso il presidio ospedaliero, a sostegno dell’istanza di rinvio del procedimento per impedimento del condannato

Il Tribunale ha respinto l’istanza di rinvio per legittimo impedimento, rilevando che l’affermazione introdotta in giudizio dal difensore secondo cui il condannato era affetto da polmonite il giorno dell’udienza non era adeguatamente documentata, perché il certificato medico del 21 aprile 2023 si limitava ad affermare che lo stesso era ricoverato presso l’ospedale di Fermo in regime ordinario dal 19 aprile, e perché quello trasmesso il giorno stesso dell’udienza si limitava ad affermare che lo stesso era ricoverato in quel luogo per “accertamenti”, talchè da essi non era possibile valuta -e se sussistesse o meno un impedimento legittimo del condannato a partecipare all’udienza.

Decisione

Il ricorso attacca la motivazione dell’ordinanza impugnata, deducendo che il ricovero in ospedale presuppone di per sé una certa gravità della patologia ed impedisce gli spostamenti.

L’argomento è infondato.

Il ricovero in ospedale di per sé non è un elemento decisivo e dirimente per affermare l’esistenza di una situazione di legittimo impedimento di un imputato o a condannato che deve partecipare ad una udienza davanti ad un organo giurisdizionale.

Il ricovero, infatti, può essere anche funzionale alla necessità di effettuare esami di controllo di una persona sana che non è possibile eseguire in regime di day hospital, o può comunque conseguire alla necessità di curare malattie che non impedirebbero, però, alla persona che ne è affetta di spostarsi e di recarsi in udienza.

Ne consegue che è legittimo il provvedimento con cui il giudice di merito rigetta l’istanza di rinvio per impedimento dell’imputato sulla base di un certificato medico attestante il ricovero in ospedale, ma privo di indicazioni in ordine alla assoluta impossibilità di comparire o comunque di partecipare attivamente al processo (Sez. 6, n. 36373 del 04%04/2014, Rv. 260614).

La patologia che costituisce legittimo ‘impedimento ex art. 420-ter, comma 1, cod. proc. pen., norma applicabile anche al procedimento di sorveglianza, se il condannato ha chiesto di essere sentito personalmente (Sez. 1, Sentenza n. 1913 del 23/10/2020, dep. 2021, Rv. 280299), è, infatti, soltanto quella che impedisce fisicamente all’interessato di presentarsi all’udienza, se non a prezzo di un grave e non altrimenti evitabile rischio per la propria salute (Sez. 4, Sentenza n. 7979 del 28/01/2014, Rv. 259287; Sez. 6, Sentenza n. 11678 del 19/03/2012, rv. 252,318), situazione cui la giurisprudenza ha assimilato quella che comporti la possibilità di presentarsi in udienza senza consentire, però, una partecipazione vigile ed attiva (Sez. 6, Sentenza n. 43885 del 05/11/2008, rv. 241913; Sez. 6, Sentenza n. 12836 del 04/02/2005, Rv. 231720). Ai fini del legittimo impedimento non possono assumere rilievo, per converso, patologie, anche gravi e fastidiose, che tuttavia consentirebbero all’interessato di presentarsi in udienza (ex multis, Sez. 6, Sentenza n. 4284 del 10/01/2013, rv. 254896; Sez. 5, Sentenza n. 44845 del 24/09/2013, rv. 257133).

Ne consegue che la motivazione dell’ordinanza impugnata che sostiene che non è sufficiente ad attestare il legittimo impedimento la certificazione di avvenuto ricovero in ospedale (a maggior ragione quella trasmessa dal difensore il giorno stesso dell’udienza che parlava di un ricovero in ospedale per generici “accertamenti”) è coerente con gli approdi cui è pervenuta la giurisprudenza di legittimità nell’interpretazione della norma dell’art. 420-ter, comma 1, cod. proc. pen. e resiste alla censura che le è stata mossa.

Il ricorso attacca ulteriormente l’ordinanza impugnata sostenendo che il Tribunale avrebbe dovuto quantomeno disporre un accertamento medico-fiscale per verificare la sussistenza o meno dell’impedimento, ma si tratta di una ricostruzione non corretta delle norme, perché il giudice non ha l’obbligo di disporre accertamenti fiscali per verificare l’impedimento o integrare l’insufficiente documentazione prodotta (Sez. 5, Sentenza n. 35170 del 20/09/2005, rv. 232568).

Il ricorso attacca ancora l’ordinanza impugnata sostenendo che la mancata indicazione della patologia che ha afflitto il ricorrente nei due certificati medici sarebbe dovuta a motivi di privacy, ma si tratta di deduzione già da tempo risalente giudicata insufficiente dalla giurisprudenza di legittimità a superare gli oneri di allegazione che incombono a chi richiede il differimento dell’udienza, in quanto “l’onere di provare l’impedimento grava interamente sull’imputato e che questi non può invocare la normativa sulla privacy che prevede la redazione del certificato medico senza indicazione della patologia e dei tempi di degenza connessi, posto che tale normativa è a tutela della riservatezza del privato e non può pertanto essere invocata da chi abbia interesse a provare la natura della malattia atta ad integrare il legittimo impedimento” (Sez. 5, Sentenza n. 43373 del 06/10/2005, rv. 233079).