Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 2880/2024, udienza del 10 gennaio 2024, ha offerto un inquadramento sistematico dell’istituto del concorso di persone nel reato, soffermandosi in particolare sul contributo psichico.
L’art. 110 cod. pen. stabilisce che ciascuna delle persone che concorre nella commissione di un reato soggiace alla pena per questo stabilita.
Il legislatore, con il termine concorrere, ha inteso fare riferimento a qualsiasi contributo, morale o materiale, che, inserendosi anche solo in un segmento nell’azione complessiva, pure in una fase preparatoria, sia idoneo a causare o agevolare il risultato ovvero a determinare o rafforzare, in qualunque modo, la volontà collettiva di raggiungerlo.
Tale tipo di azioni, infatti, può essere caratterizzata tanto da una convergenza di attività materiali che da un fenomeno di reciproco rafforzamento psichico che si realizza tra i soggetti coinvolti sia con la predisposizione di un programma comune che partecipando a singole frazioni esecutive della deliberazione che vanno al di là del tradizionale rapporto di ‘dipendenza psichica’ inquadrabile nella – sola – relazione che intercorre tra il ‘mandante’ e l’esecutore materiale (Sez. 1, n. 6237 del 15/09/2021, dep. 2022, Rv. 282620 -01).
In una corretta prospettiva interpretativa si deve ritenere che il contributo psichico, al di là delle tradizionali ipotesi dell’istigatore o del mandante, per essere punibile ai sensi dell’art. 110 cod. pen., deve comunque essere espressivo di condivisione rispetto all’evento preso di mira e deve – in qualsiasi modo – risultare idoneo a realizzare una semplificazione o una agevolazione, in sede progettuale o esecutiva, dell’azione collettiva, pure potendo essere le forme espressive della agevolazione sia meramente verbali che accompagnarsi a manifestazioni esteriori di condotte, evidentemente diverse da quella tipica (ancora da ultimo Sez. 1, n. 6237 del 15/09/2021, dep. 2022, Rv. 282620 – 01; cfr. anche Sez. U, n. 31 del 22/11/2000, dep. 2001, Rv. 218525 – 01 per le quali: «In tema di concorso di persone nel reato, la volontà di concorrere non presuppone necessariamente un previo accordo o, comunque, la reciproca consapevolezza del concorso altrui, essendo sufficiente che la coscienza del contributo fornito all’altrui condotta esista unilateralmente, con la conseguenza che essa può indifferentemente manifestarsi o come previo concerto o come intesa istantanea ovvero come semplice adesione all’opera di un altro che rimane ignaro»).
In tema di concorso, d’altro canto, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel delitto, va individuata nel fatto che la prima, che è la scienza che altri sta per commettere o commetta un reato, come tale, postulando che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, non basta a dar vita a una forma di concorso, laddove la condotta di partecipazione si manifesta, invece, in un comportamento che fornisce un contributo alla realizzazione del delitto, sia pure mediante il rafforzamento del proposito criminoso degli altri compartecipi o l’agevolazione dell’opera degli altri concorrenti o che l’agente, per effetto della sua condotta idonea a facilitarne l’esecuzione, abbia aumentato la possibilità della sua produzione (Sez. 1, n. 16310 del 16/12&2021, dep. 2022, n.m. Sez. 1, n. 40248 del 26/09/2012, Rv. 254735 – 01; Sez. 1, n. 8193 del 06/07/1987, dep. 1988, Rv. 178884 – 01).
A fronte della circostanza che il contributo causale del concorrente morale può manifestarsi attraverso forme differenziate e atipiche della condotta criminosa, inoltre, si deve ribadire che il giudice di merito è tenuto a motivare sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione nella fase ideativa o preparatoria del reato e di precisare in termini specifici e adeguati sotto quale forma essa si sia manifestata e quale sia il rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti, non potendosi evidentemente confondere l’atipicità della condotta criminosa concorsuale, pur prevista dall’art. 110 cod. pen., con l’indifferenza probatoria circa le forme concrete del suo manifestarsi nella realtà (così pressoché testualmente Sez. U, n. 45276 del 30/10/2003, Andreotti, Rv. 226101 – 01).
